A proposito dei “furbetti del cartellino”

Ad oggi, nel 2016, ancora imperversa la questione legata a coloro che sono stati ribattezzati dai media i “furbetti del cartellino”, riferendosi al blitz effettuato nell’Ottobre del 2015 dalla Guardia di Finanza negli uffici del Comune di Sanremo che ha portato all’arresto per truffa ai danni dello Stato di 35 dipendenti pubblici, obbligo di firma per altri 8, e un totale di 196 indagati, rei di timbrare il cartellino per altri colleghi o abbandonare il posto di lavoro senza timbrarlo, delegandolo ad altri per poter incassare anche lo straordinario. I colpevoli sono stati incastrati dai video riprendenti la timbratura dei cartellini presi in esame dal Nucleo Mobile della compagnia della Guardia di Finanza di Sanremo coordinati dal sostituto procuratore della Repubblica Maria Paola Marrali. Ma, in generale, la questione è molto più estesa e molto più remota, e si riaccende ogniqualvolta le indagini delle Forze dell’Ordine portano ad un blitz che poi apre lo scandalo, cui infatti ne sono seguiti altri fino al nuovo anno.

In risposta al recente decreto legislativo varato dal governo di sospensione dal lavoro e dallo stipendio entro 48 ore dall’accertamento del fatto e l’avvio di un procedimento disciplinare veloce (massimo 30 giorni) che può portare anche al licenziamento, e non più ai soli 6 mesi di sospensione, non si è fatto attendere l’intervento del segretario Cgil Camusso che, in conferenza stampa alla stazione Termini di Roma, ha sottolineato come le norme per il licenziamento dei fannulloni fossero già in vigore dapprima di questo nuovo decreto, e che l’asprirsi del dibattito potrebbe invece portare ad una campagna propagandistica che generalizzerebbe i 3 milioni di lavoratori dell’impiego pubblico come fannulloni e truffatori dello Stato, ottenendo una risposta errata e fuorviante al problema. Infatti, questo rischio, preannunciato dalla Camusso, è ciò che in effetti si sta verificando in questi giorni: una battaglia mediatica che sta via via assumendo toni generalizzanti verso il Pubblico Impiego, favorita dalle risposte istintive che questo scandalo ha generato.

Ma soffermandosi un attimo in più sulla questione, si noterà come, bensì fosse normale reagire in modo scioccato alle immagini che presentano un vigile urbano timbrare il cartellino in mutande, è pur vero che analizzando i dati riguardo le certificazioni di malattia pubblicati dall’Inps nel mese di novembre, relativi al 2014, appaia evidente che la durata media delle assenze per malattia del pubblico impiego sia minore di quella dei privati (17,9 contro 19,02). Ciò non vuol star a significare neanche il contrario, che i dipendenti pubblici lavorano più dei privati, ma semplicemente che tutti i lavoratori (quelli veri) lavorano in egual misura, e che portare all’attenzione dei fatti scandalosi di fannulloni colti in flagrante come sta accadendo in molte città, dovrebbe solo scoraggiare, attraverso pene severe, altri eventuali comportamenti analoghi, ma lungi dall’essere oggetto di generalizzazione da parte di media e politica, poiché questo devierebbe solo l’attenzione pubblica e quella della politica da altre questioni di immediata importanza come il rinnovo dei contratti pubblici, rispetto invece ad un problema relativamente non nuovo.

Molte trasmissioni televisive stanno affrontando il problema con l’ausilio della voce di opinionisti che non essendo (non tutti) del settore, possono esprimere pareri basandosi su notizie che giungono già filtrate e in chiave soltanto critica (come si potrebbe del resto non opinare i comportamenti di questi “furbetti”?), ma forse senza badare a coloro che della vicenda ne sono le prime vittime: i lavoratori onesti e coloro che ne difendono i diritti, i sindacati.

Sindacati che, criticando le decisioni del governo, non intendono difendere questi lestofanti, ma si scagliano contro il modo con cui si affronta la vicenda ed il tentativo di sfruttare la situazione come mero spot elettorale, con il rischio per il futuro, di una eventuale sospensione immediata, senza accertamenti concreti del fatto, di un dipendente invece onesto.

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