Città della Scienza, Bagnoli e le promesse da marinaio.

Quando alle 7,00 del mattino del 5 marzo , mi sono recato sul posto dove 24 ore prima sorgeva Città della Scienza ho trovato solo una montagna di macerie ancora avvolta dal fumo dell’incendio della sera precedente.
Centro internazionale della conoscenza, della promozione e della divulgazione scientifica, l’avamposto del recupero del territorio, che per anni ha mantenuto viva la speranza che qualcosa si stesse muovendo in direzione di una rilancio socio economico, è stato completamente raso al suolo!
Quello che oggi si avverte è un’agghiacciante e perversa sintonia con i ruderi dell’ ex Italsider a pochi metri dalle macerie .Un triste scenario scaturito dalla devastazione che si somma all’abbandono.
Un salto all’indietro di 20 anni! È questa la visione offerta ai cittadini di Bagnoli, uno dei quartieri più importanti e significativi della storia industriale e non solo, di Napoli.


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Nel 2000, ebbi l’occasione di svolgere una serie di interviste, per un istituto di ricerca, tra gli abitanti di Bagnoli.
Una giovane donna mi colpì particolarmente, per la lucidità descrittiva e per la profonda consapevolezza che trasmetteva.
Madre di due bambini e figlia di un operaio dell’Italsider, era tornata da poco da Città della Scienza, dove i suoi bambini avevano trascorso una bella giornata, divertendosi molto con gli esperimenti a cui avevano partecipato.
Accettò di dedicarmi parte del suo tempo, tra merendine da preparare e servizi di casa da completare.
Dal suo racconto, interrotto ogni tanto dalle richieste insistenti dei bambini, venne fuori un mondo ricco di relazioni con il quartiere, regolate da un forte senso di appartenenza e spirito di solidarietà.
Ad un certo punto, mi fece affacciare dalla finestra della cucina e mi indicò un’abitazione del palazzo di fronte, al piano terra, nella quale un tempo, vi abitava una famiglia con quattro bambini, adesso disabitata e chiusa con una porta di ferro, attualmente usata come deposito, senza più i segni evidenti di una casa.
Una famiglia felice, mi spigava, che svolgeva una vita dignitosa in quell’umile abitazione, fino al giorno in cui il marito perse il lavoro, per la chiusura della fabbrica. Da quel momento in poi, la precarietà economica, condusse l’intera famiglia verso un progressivo declino, facendola scivolare in una condizione di profondo disagio.
Negli anni seguenti, la cattiva sorte colpì alcune decine di migliaia di lavoratori, considerando l’enorme indotto occupazionale generato dall’Italsider, e il conseguente collasso di una grande area del territorio, generò un ampio vuoto socioeconomico, in breve tempo assorbito dalla devianza e dalla microcriminalità.
Un“ bubbone”, così era considerata l’industria siderurgica negli anni ’80, “causa di occasioni perdute” si diceva, e quando nel 1993 l’ Italsider chiuse definitivamente, la speranza del recupero del tempo perduto si fece ancora più forte, ma la speranza ben presto si trasformò nell’ennesima illusione e lo stato di abbandono, dopo 20 anni, è ancora sotto gli occhi di tutti.


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“Promesse da marinaio” furono le ultime parole della donna al termine dell’intervista, con un’espressione dolce e maliconicamente sorridente, di chi ha pagato di persona, l’inerzia politica e le umilianti e in alcune casi criminose, azioni di cosmesi fatte passare per recupero ambientale, nella più totale assenza di trasparenza.
Così come hanno evidenziato, in questi giorni, le indagini della magistratura, sui lavori di bonifica svolti nelle aree dell’ex Italsider e dell’ex Eternit di Bagnoli, smascherando il volto criminale dell’ennesimo disastro ambientale.
Al di là di ogni superficiale ottimismo e degli inutili luoghi comuni del pessimismo, alcune delle domande che i cittadini di Napoli continuano a porsi con insistenza sono sempre le stesse:
Perché in tutti questi anni non si è puntato sulla ripresa economica anche attraverso un piano di recupero urbanistico di Bagnoli con l’inclusione della storia e delle preesistenze della più importante realtà industriale di Napoli ?
Non è stato forse liquidato con eccessiva superficialità, il passaggio, tra l’altro incompiuto , dalla società industriale a quella dei servizi per la produzione dei beni immateriali?
Eppure l’attuale progresso tecnologico, ci consente di creare un giusto equilibrio tra produzione di beni materiali, produzione di servizi, attività turistiche e salvaguardia del territorio.


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