Cronaca di una sorprendente esperienza di volo

con foto di Giuseppe Del Rossi

L’estate scorsa, quando mi fu proposto di fare un giro su un aereo biposto, un erede del mitico Storch, pensai che sarebbe stata una bella esperienza, soprattutto nuova per me, da aggiungere “nell’album” personale delle emozioni.
Non avrei mai immaginato di giungere alla fine di quella giornata, con la profonda ed inaspettata convinzione di aver compiuto, per la prima volta nella mia vita, una sorprendente esperienza di volo. 

Era una bella giornata d’agosto sotto l’insegna di una brillante e intensa luce del sol leone, un percorso fatto di sentieri alberati e di una estesa campagna , quello che ci conduceva nel luogo, da dove avremmo poi spiccato il volo, l’aria ancora intrisa di umidità mattutina, dal sapore antico di rugiada diventava sempre più pregnante man mano che ci avvicinavamo, sembrava venisse da lontano, oltre le montagne, un chiaro annuncio della presenza di antiche mura medievali.

Il decollo foto Peppe Del Rossi

Qui incontro Franco Coraggio, docente al dipartimento di Neuroscienze e Scienze riproduttive ed odontostomatologiche della Federico II di Napoli e ricercatore di Scienze tecniche mediche applicate. Pilota, aviatore per indole, con padre e fratello in aeronautica e un patrimonio esperienziale ricco e poliedrico. Come proiettato in una rapida esplorazione, mi ritrovo a discutere dei flussi d’aria ed effetto planante e osservo gli strumenti di bordo, gli accessori, accuratamente studiati, arricchiti e ricostruiti da lui stesso, come ad esempio i poggiatesta, i braccioli, ma anche l’alloggiamento e il posizionamento di una telecamera per coprire una panoramica visiva quasi totale e con la sorpresa finale delle porte trasparenti e senza finestrino, il più bel regalo che un fotografo possa ricevere per le sue foto ad alta quota. E’ a questo punto che le descrizioni di Franco sul volo diventano racconto e il racconto diventa il viaggio, un viaggio in cui entrano in gioco sensazioni e conoscenze, che sembrano venire da molto lontano ed assumono un significato sempre più chiaro e palpabile man mano che mi addentro con la macchina fotografica nella cabina di pilotaggio, luogo in cui poi lo sguardo si apre inevitabilmente verso il cielo. E’ come entrare in un nuovo corpo, che trasforma gli arti ed affina i sensi, e mentre tutto sembra portarci velocemente a prendere il volo, mi soffermo ancora una volta su quegli strumenti spiccatamente tecnici e sorprendentemente umani, tanto sono stati arricchiti con cura e con ingegno . All’improvviso però, la mia attenzione viene catturata da un rumore improvviso, a causarlo è stato il tappo copri obiettivo della mia macchina fotografica, che caduto sul pavimento della cabina, rotola velocemente andando a finire sotto una griglia. Un dettaglio di poco conto, verrebbe da dire e in un’altra circostanza non sarebbe stato nemmeno degno di nota, se non fosse accaduto con l’identica riproposizione di una sequenza già vissuta alcuni anni fa. Un flashback che mi proietta a Lucca, in occasione di una mostra sui disegni e sui modelli delle Macchine di Leonardo Da Vinci. Rimasi talmente colpito da tanta magnificenza che, all’uscita di quell’esposizione, il genio di Leonardo sembrava pervadesse ogni cosa. Tutto era immerso in un armonioso equilibrio, persino le persone e le cose nella città sembravano interagire con naturale armonia. Emotivamente coinvolto da queste sensazioni e nel fare un rapido movimento all’indietro per dare l’ ultimo sguardo a ciò che lasciavo alle mie spalle, il tappo copri obiettivo, allora come ora, si sganciò, attraversò tutta la strada e con incredibile precisione entrò nella grata di un tombino dell’acqua piovana. Non mi soffermai più di tanto su quell’oggetto perduto e forse non me ne sarei mai più ricordato se non lo avessi, in questa occasione, come ritrovato, proprio mentre ci apprestiamo a decollare. In quei pochi istanti che restano e mentre mi allaccio la cintura di sicurezza, gli ultimi flash di quei ricordi si sono ormai fusi in un’unica immagine, con la campagna che ci circonda e le montagne che stiamo per sorvolare, dietro alle quali si cela un tempo ancora più lontano e i cui custodi sono un castello ed una città medievale.

Franco Coraggio, foto Peppe Del Rossi

Con la velocità di un battito d’ali, ci troviamo a sorvolare la campagna della quale, fino a qualche istante prima, ne calpestavamo la terra, la totale trasparenza della cabina, mi consente di percepire lo spazio circostante come immenso e intanto si fa strada una crescente sensazione di sospensione, accentuata da una stretta virata e dal rallentamento costante dell’aereo, ed ecco all’improvviso, comparire come da un sogno, l’immagine di Sant’Agata dei Goti, l’antica città sannitica, poggiata su una grande superficie di roccia tufacea. Siamo quasi fermi, sospesi nell’aria, caratteristica che pensavo fosse solo degli elicotteri ed invece è una caratteristica peculiare anche di questo velivolo. Guardo la città con sguardo laterale, a volo d’uccello, la visione è fortemente influenzata dall’andamento lento dell’aereo, che sembra determinare una sospensione temporale, restituendoci un’immagine della città nella sua fierezza antica. Mentre osservo la naturale precisione, con cui Franco compie le lunghe virate man mano sempre più strette, facendo compiere all’aereo un movimento a spirale, che mi consente di fotografare la città con varie angolazioni, mi lascio guidare dal ritmo della macchina fotografica attraverso i suoi scatti, il suo tempo, grazie al quale mi restituirà poi frammenti visivi di questa esperienza tanto particolare. Intanto ripenso a tutte le cose di cui abbiamo parlato prima del decollo: movimenti di alettoni, timone di coda, tubo di Pitot e tutti quegli aspetti della fisica del volo, la propulsione, la resistenza, il peso, la portanza, che affondano le loro radici nella passione dell’homo faber il grande artefice dell’avventura della propria vita, capace di migliorare le proprie abilità per spostare in avanti i propri confini fino a lambire le soglie dell’infinito e mentre con Franco ci lasciamo prendere dalle osservazioni di particolari visibili solo dall’alto, il Volturno sotto di noi ci inonda di bagliori metallici del sole al tramonto, facendoci scorgere un sentiero in controluce, che ci accompagnerà fino all’ultima tappa del viaggio: Il Castello di Limatola.

Sant'Agata dei Goti foto Peppe Del Rossi

Quest’ultima visione dall’alto sembra contenere l’insieme di tutte le cose viste nel percorso è come se quel tempo indefinito, sospeso, come l’ho più volte chiamato, avesse operato una sorta di catarsi percettiva, fornendomi una chiave interpretativa, dando un senso di completezza e di significato a quest’esperienza, come dire: l’annuncio del gran finale di giornata. Osservare da quell’altezza è come se, anche per un solo istante, l’infinitamente vicino combaciasse con l’infinitamente lontano, facendomi percepire un senso di unità profonda delle cose, forse quello che Leopardi definiva il “colpo d’occhio”. Adesso è chiaro! Finalmente il senso di tutto ciò è svelato ! Guardando il castello non riesco a non pensare alla “torre antica” da cui il passero solitario scopre l’immensità del mondo che dinanzi gli si apre. Ciò che più importa è proprio quello sguardo eminente che ci consente di guardare oltre, in un processo inclusivo della visione e, per far ciò bisogna collocarsi in sospensione, alzare, evolvere il punto di vista e per poterlo fare si deve ascoltare in solitudine quella voce, che in ognuno di noi porta impresso il desiderio di Dedalo. Volare, per uscire dal labirinto del nostro tempo.

Franco Coraggio, foto Peppe Del Rossi

Sant'Agata dei Goti foto Peppe Del Rossi

Sant'Agata dei Goti foto Peppe Del Rossi

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Sant'Agata dei Goti foto Peppe Del Rossi

Sant'Agata dei Goti foto Peppe Del Rossi

foto Peppe Del Rossi

foto Peppe Del Rossi

Castello di Limatola foto Peppe Del Rossi

Franco Coraggio con la moglie Matilde e i figli Marco e Luca foto Peppe Del Rossi

Giuseppe Dante e Franco Coraggio amici di lunga data legati da tante passioni foto Peppe Del Rossi

Giuseppe Del Rossi e Franco Coraggio

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