Emergenza rifiuti: Decidere prima che sia troppo tardi

Leggo in un articolo di Guido Rampoldi (Repubblica 3 marzo 2007) che geologi dalla riconosciuta professionalità avevano ritenuto il sito di Scanzano in Lucania tra i più sicuri al mondo per potervi istituire il deposito nazionale dei rifiuti radioattivi. Sono stati poi contraddetti da geologi di minore fama: risultato dei dubbi e delle controversie sul sito individuato è che l’Italia paga una cifra esorbitante per trasferire all’estero le scorie e stoccarle per i prossimi vent’anni.

Cito questa vicenda emblematica per sottolineare un aspetto che mi pare cruciale e che invece non riesce a imporsi nel dibattito politico e giornalistico sui rifiuti in Campania: l’idea che per poter concretamente trovare luoghi e realizzare impianti che ci tirino fuori dall’emergenza (con cui ci stiamo abituando a convivere e che rischia di farsi sempre e nuovamente più drammatica con l’arrivo del caldo estivo che si immagina tra l’altro quest’anno particolarmente forte), si debba conseguire prima una quasi unanimità (forze politiche, comunità locali, esperti etc); l’idea astratta e paralizzante che non ci debbano essere dubbi, rischi di alcun genere, che insomma solo in condizioni idilliache, e impossibili in un mondo complesso come il nostro, si possa decidere di procedere nell’individuazione di siti e nella costruzione degli impianti.

Democrazia e ricerca del consenso, in primo luogo dei soggetti interessati, sono certo fondamentali ed imprescindibili elementi da rispettare; ma la democrazia senza capacità di decidere, senza assunzione di responsabilità, senza la consapevolezza che non si può accontentare tutti o non pagare alcun prezzo per le proprie decisioni, rischia fortemente di implodere.

Una parte della società civile e politica sembra unita a volte dall’idea che si possa spensieratamente continuare a produrre e consumare in quantità notevoli senza toccare il nostro stile di vita neanche di una virgola e che, insieme, tutta la quantità di rifiuti prodotta possa essere inviata da qualche altra parte, magari pagando cifre astronomiche come è accaduto in Campania.

Inoltre, non solo ci si oppone alle discariche ma non ci si vuole rendere conto che la massa di rifiuti prodotta è tale che né le discariche e neanche la sola raccolta differenziata (quand’anche decollasse), potrebbero incidere significativamente sulla possibilità di riportare a quote normali il problema. C’è bisogno di distruggere e trattare i rifiuti, c’è bisogno di discutere in modo aperto, di verificare con cautela ma anche senza pregiudizi o allarmismi eccessivi, dell’esistenza di altri più nuovi e sicuri impianti, altrimenti non verremo mai a capo della montagna di monnezza che quotidianamente si riproduce.

Gli inceneritori di RSU di ultima generazione, ad esempio, sono dotati di complessi impianti per l’abbattimento delle emissioni.

Insomma impianti di smaltimento o di trattamento dei rifiuti, capaci di trasformare i rifiuti in risorsa per il territorio come accade altrove in Italia e in Europa, pur non costituendo l’unica soluzione del problema, vanno riesaminati.

Il Consiglio regionale, a larga maggioranza, ha approvato nei giorni scorsi una legge che, in un articolo, riprende in considerazione il problema della termovalorizzazione.

Analogamente, la gestione provinciale dell’intero ciclo di smaltimento dei rifiuti, che pure viene ostacolata, è buona cosa anche perché chiama le comunità locali a farsi carico del problema. Si consideri che Napoli e provincia producono il 75% dei rifiuti dell’intera regione: a ciascuno i suoi oneri e anche i suoi modi di affrontarli.

A Bacoli, un Sindaco, eletto al di fuori del centrodestra e del centrosinistra, si è avventurato nella decisione di voler far nascere un nuovo termovalorizzatore che possa contribuire nei Campi Flegrei a risolvere il problema: vedremo. Intanto la raccolta differenziata pomposamente annunciata non è mai decollata. Molteplici sono inoltre le difficoltà per un simile impianto: bisognerà indicare il luogo senza nasconderlo alla popolazione ma anche senza cedere ad ogni veto. Abbiamo il precedente disastroso del depuratore di Cuma da un lato, e dall’altro un patrimonio unico e i vincoli che dovrebbero servire a proteggerlo e che rendono inimmaginabile costruire impianti del genere nella nostra zona.

Tuttavia qui e altrove nessun alibi potrà ancora essere usato per impedire di ridiscutere la possibilità di imboccare la strada di impianti che potrebbero contribuire a non farci affogare in un futuro maleodorante e pericoloso per la salute pubblica.

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