I neuroni specchio. Aggiornamenti di neuroscienze

In ciascuna disciplina, di tanto in tanto, si verificano scoperte od intuizioni che determinano svolte significative. Tali svolte producono effetti di ampia portata, se non rivoluzionari, perché alimentano la revisione di molte conoscenze precedenti o la conferma di intuizioni. Nel caso delle neuroscienze una di queste svolte si è avuta negli ultimi 15 anni del XX secolo, quando un gruppo di studiosi italiani ha diffuso i risultati della scoperta dei cosiddetti “neuroni specchio”. Si tratta di una classe di neuroni la cui proprietà caratteristica è di attivarsi sia durante l’esecuzione di un atto motorio sia quando si osserva qualcun altro compiere quello stesso tipo di gesto. Ovvero, l’osservazione dell’azione altrui attiva gli stessi neuroni che si attivano durante il movimento eseguito dal proprio corpo. Le indagini relative a questi neuroni hanno utilizzato diverse tecniche di rilevazione (la stimolazione magnetica, il PET, il fMRI, ed altre) che hanno consentito di verificare che è la conoscenza motoria e non l’esperienza visiva che rappresenta il fattore principale responsabile dell’attivazione del sistema specchio; in altri termini se si ha esperienza diretta di un evento osservato lo si “vive” con maggiore intensità e possono manifestarsi livelli più alti di partecipazione neurale. Il sistema specchio codifica quindi gli atti motori compiuti da altri su quelli propri del patrimonio motorio dell’osservatore, e più questo patrimonio è articolato e sviluppato più il sistema diventa efficace.

L’uomo è un animale eminentemente sociale la cui vita dipende dalla capacità di capire cosa fanno gli altri, comprendendone le intenzioni e interpretandone i sentimenti. Senza questa capacità gli esseri umani non riuscirebbero a interagire gli uni con gli altri, né tanto meno a creare forme di convivenza sociale. Secondo il punto di vista tradizionale, le azioni degli altri, come pure le loro intenzioni e le loro emozioni, sono comprese mediante un processo inferenziale sostanzialmente simile a quello che usiamo per individuare le cause di fenomeni puramente fisici. Diversa è invece la teoria secondo la quale il meccanismo che ci permette di capire le azioni degli altri è radicalmente diverso da quelli impiegati per spiegare i processi fisici. Secondo questa impostazione, noi capiamo gli altri perché ci mettiamo ‘nei loro panni’, ci immaginiamo nella loro situazione e ‘simuliamo’ quello che faremmo se davvero fossimo in quel frangente. Non è detto, però. che le due teorie debbano essere alternative l’una all’altra, potrebbero essere due diverse modalità di comprensione che operano in situazioni o circostanze diverse o che caratterizzano un certo tipo di personalità. Le relazioni possibili restano da indagare e definire.
Ci si è chiesto perché il sistema motorio contenga neuroni che rispondono alla visione di atti motori eseguiti da altri e quale possa essere la loro funzione. L’ipotesi oggi generalmente accettata è che i neuroni specchio siano necessari per una comprensione immediata dell’azione altrui. Infatti le azioni eseguite dagli altri, captate dai sistemi sensoriali, sono automaticamente trasferite al sistema motorio dell’osservatore, permettendogli così di avere una copia motoria del comportamento osservato, quasi fosse lui stesso ad eseguirlo. I neuroni che compiono questa trasformazione dell’azione da un formato sensoriale (visivo) ad uno motorio sono stati appunto quelli chiamati neuroni specchio, perché si comportano come uno specchio. Il meccanismo della comprensione delle azioni compiute dagli altri è stato estremamente utile per ampliare il campo di indagine. Gli stessi scopritori dei neuroni specchio hanno dichiarato che proprio la comprensione delle loro caratteristiche di attivazione diretta e pre-riflessiva determina intorno agli individui l’esistenza di uno spazio d’azione condiviso da altri individui, per cui si originano forme di interazione sempre più elaborate. In campo evolutivo, evidentemente, la formazione di questa capacità di interazione è avvenuta contemporaneamente all’interno dell’organismo biologico così come al suo esterno, e questo può aiutare a capire dove indirizzare le ricerche future, dato che proprio le interazioni si basano su sistemi di neuroni specchio sempre più complessi, articolati e differenziati, man mano che li si studia. La capacità di parti del cervello umano di attivarsi alla percezione delle emozioni altrui, espresse con moti del volto, gesti e suoni; la capacità di codificare istantaneamente questa percezione in termini “viscero-motori”, rende ogni individuo in grado di agire in base ad un meccanismo neurale per ottenere quella che gli scopritori chiamano la “partecipazione empatica”. Dunque un comportamento bio-sociale, ad un livello che precede la comunicazione linguistica, il quale caratterizza e, soprattutto, orienta le relazioni inter-individuali, che sono poi alla base dell’intero comportamento sociale.
Accanto a queste ipotesi generali, ben altre potrebbero esserne formulate, ad esempio in relazione agli effetti che l’osservare ed il concentrarsi su alcune azioni altrui possa avere sul cervello; sulla possibilità di azionare una sorta di esercizio puramente mentale i cui effetti sono più ampi di quanto immaginato sino ad oggi (lo yoga ed altre metodiche delle medicine integrative lo affermano da tempo); sugli effetti che i mass media inducono diffondendo in modo ripetitivo un certo tipo di contenuti, ecc. Non solo, ma gli intrecci con alcuni assunti della psicoanalisi circa la funzione della fantasia, e quelli tra pornografia, sessualità ed aggressività, in campo sessuologico, sono potenzialmente chiavi di lettura ed interpretazione non solo per alcuni disturbi ma anche per tendenze e derive comportamentali manifeste e per alcuni effetti motivazionali inconsci: dal neuro marketing alla persuasione occulta. Alcune indagini sulla cinema e la arte terapia hanno confermato che osservare alcune scene determina un coinvolgimento dei neuroni specchio degli spettatori analogo a quello che si avrebbe se essi stessero vivendo la situazione.
È ragionevole assumere che, come per la comprensione delle azioni e dei movimenti, anche per il riconoscimento delle emozioni esistono due meccanismi distinti: il primo basato su un’elaborazione cognitiva degli aspetti sensoriali del comportamento emotivo; il secondo dipendente da un’attivazione diretta delle strutture coinvolte nella produzione delle emozioni. Si tratta di due meccanismi di riconoscimento delle emozioni radicalmente differenti. Mediante il primo, l’osservatore riconosce l’emozione espressa dall’altro ma non la prova, non la vive, semplicemente la inferisce. Grazie al secondo meccanismo, invece, il riconoscimento dell’emozione si basa su una reale esperienza emozionale analoga a quella di chi la vive e la esprime. Esperimenti analoghi a quelli motori sono stati infatti realizzati con la percezione del dolore e del disgusto, ed anche in questi casi, l’osservare una chiara espressione di disgusto o di dolore, così come altri segnali corporei, porta l’osservatore a condividere in parte tali sensazioni. Sia chiaro, però, che sarebbe semplicistico immaginare che tutte le persone (da osservatori) percepiscano allo stesso modo ciò che osservano, poiché restano validi gli studi relativi alla selettività individuale, alla pre-sensibilizzazione, al diverso grado di empatia di fondo tra persone; al tipo di informazioni delle quali ciascuno dispone; alla personalità, all’atteggiamento ed all’attitudine di ciascuno. Non ultimo, studi successivi realizzati in questi ultimi cinque anni, portano a ritenere che tali neuroni specchio non siano uniformemente attivati ma che siano invece essi stessi prodotto parziale dell’apprendimento senso motorio ed empatico, apprendimento che porterebbe ad una maggiore attivazione e sintonizzazione di tali neuroni. Tali formulazioni convergono con quelle relative alla plasticità dei neuroni, cioè alle modificazioni che possono subire in relazione agli stimoli ambientali ed alle esperienze stratificatesi nel tempo. Altri studi potranno quindi ulteriormente precisare i termini della questione dell’attivazione e sensibilizzazione del sistema specchio..

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