Per non dimenticare… Filomena

di Ciro Amoroso

Una donna bassina dal volto tondo e cosparso di rughe, dai folti capelli, alle volte intrecciati in altre a crocchia, due compatti sopraccigli e una fine peluria sotto al naso, tutti canuti.
Il suo essere donna, soprattutto madre, riporta al mondo delle favole, al tempo del mito e della leggenda, al tempo in cui per i benestanti e gli eruditi del XVIII e del XIX secolo Bacoli diventò una tappa quasi obbligatoria nell’educazione dei giovani delle ricche famiglie europee, per completare l’istruzione tradizionale da parte degli insegnanti privati.

Qual era il suo nome, vi chiederete?
Semplice, Filomena.
Sì, il suo nome era Filomena, meglio nota come la custode della Piscina Mirabile. Anzi, la padrona.
Definirla semplicemente assuntrice di custodia era alquanto riduttivo, forse anche offensivo, perché l’Ammirabile, la Cattedrale dell’Aqua Augusta, era soprattutto il prolungamento di casa sua.
A quel tempo quando si andava a Piscina Mirabile e poi da lì al Centro Antico, era un vero e proprio viaggio nel tempo. Un itinerario tutto bacolese con una full immersion nelle viuzze romantiche del Borgo dei Pescatori e nei tesori monumentali che vi albergavano. Un itinerario dell’immaginazione verso un mondo favolistico, perso nel tempo, in cui scene umili e quotidiane della vita e la povertà stessa si contrapponevano alla maestosità delle più alte opere ingegneristiche idrauliche di età romana, conquistava l’attenzione dei turisti e di semplici amanti del bello.

Ricordo una mattina di tanti anni fa, mentre scendevo la rampa di scale dell’invaso, ravvisai uno “scresc – scresc”, un rumore fastidioso, irritante, come fosse generato dal gesso che graffia la lavagna o dal coltello che graffia il piatto.
Per un attimo, un lungo attimo, ebbi paura ma allo stesso tempo la stessa si disciolse in un battito di ciglio perché comparve lei, Filomena, dalla penombra di una delle navate dell’Ammirabile con uno scopazzo tra le mani.
Ad impatto, bassa com’era e con i capelli bianchi come la neve, sembrava la moglie di Mr. Magoo o una dolce streghetta alle prese con la sua scopa fatata.
Ancora oggi, quando discendo la rampa di scale, mi pare di vederla là, raccolta nella sua piccola figura canuta e con la scopa tra le mani, a spazzare tra i pilastri dell’Ammirabile.
Per visitare la più grande cisterna di acqua potabile costruita da romani era necessario rivolgersi a lei.
Nata nel vecchio quartiere di Cento Camerelle, da sempre viveva fronte strada, in una tipica quanto modesta abitazione prossima alla Piscina Mirabile.
Bastava chiamarla: “Filumè…! Filumè, può venì a raperì? ”, perché lei, un’istante dopo, rispondesse: “Huè, chi è? Ah, Salatiè, si tu? Avviate, ca’ je sto venenne…! Nun te preoccupà, avviate… Tra duje minuti veng’je a raperì ‘a puteca!”.

Neanche il tempo di arrivare al cancello d’ingresso, che lei, dopo aver lasciato il figlio disabile alle cure di Giannina, era già alle nostre spalle, pronta a fare il suo dovere.
Buongiorno, signurì”, esordiva cortese, con le chiavi dei lucchetti tra le mani, impreziosite da un portachiavi casereccio, realizzato con il galleggiante di una rete da pesca.
Ovviamente, essendo così dolce e carina, la presentavo ai turisti.
Cari amici, questa è la signora Filomena, la Piscina Mirabile.
Poi, ammiccando gli ospiti, la tiravo in ballo: “Filumè, ci dici quanti anni hai?
E lei, un po’ “schernosa” e palesemente in difficoltà, rispondeva in puro dialetto bacolese: “Salatiè, comme te l’aggia dicere: teng diece vote otto e na’ vota quatte”.

Nel notare le espressioni ilari sui volti dei presenti, alzava gli occhi verso di me come fa una bambina verso il papà e apriva la sue labbra al sorriso. Dimostrava in questo modo, semplice e coinvolgente, la cortesia e la sua mitezza di carattere.
L’uno dopo l’altro apriva i cancelli e i turisti scendevano le scale in fila indiana, posizionandosi nella navata centrale. Trascorsi non più di cinque minuti, lei, guardando dall’alto l’intero gruppo, diceva: “Salatiè, e fernuto i fa’ a SPIEGA!”.
Dal basso della cattedrale dell’acqua, le rispondevo di rimando: “No. Ancora no!”.
Chissà, forse era la luce ma, dal basso, sembrava maestosa, quasi eterea, illuminata dal fascio di luce che dava sul varco d’ingresso.
Allora, je me ne vaco? Chiure tu! I chiavi mi port’je. I catinacci stanne apierti… Cià!” diceva. Poi, alzava la mano e salutava il gruppo: “Arrivederci, signurì!”.

Così, come era apparsa, spariva in men che non si dica, portandosi dietro la consapevolezza di aver fatto qualcosa d’importante.
La Piscina Mirabile era la sua creatura, il bambino in fasce da cullare e accudire. Un bambino unico e maestoso, del quale era ben lieta di farla conoscere ai turisti provenienti da tutto il mondo.
Molti anni prima aveva ricevuto l’incarico dalla Sovrintendenza ai Beni Culturali, chiamata a fare di necessità virtù, a fronte della perenne carenza di uomini e danari. Con il suo andirivieni giornaliero di una vita, Filomena ha difeso la cultura di questo territorio, senza clamore, senza mai chiedere niente, senza mai chiedere le luci della ribalta. Lo ha fatto soltanto per amore della propria terra, caricandosi sulle spalle i fallimenti delle istituzioni e continuando ad accogliere i turisti, come un vero e proprio tour operator. Difficile, per chi non ha avuto modo di conoscerla in vita, comprendere lo spessore morale ed etico di questa donna straordinaria.

Filomena è stata la custode della piscina Mirabilis per una vita, prima di approssimarsi nel Regno dei Giusti e di lasciarla alle cure di Giannina, sua figlia.
L’aveva accudita per una vita intera, amata come un figlio.
Ricordo che non ne aveva mai fatto una questione di danaro: “Me ranno poc cchiù ‘i n’euro u’ juorno”, come spesso raccontava prima di cedere il passo alla figlia Giannina. Ovvero, meno di 400 euro all’anno, per essere sempre gentile e disponibile. E se oggi la Piscina Mirabile è nota più per le sue peculiarità architettoniche che per l’incuria, forse il merito è stato sopratutto della piccola-grande Filumena.
Oggi, dopo la dipartita della compianta Giannina, le chiavi della preziosa Ammirabile sono passate nelle mani di Immacolata, la nipote. Un giusto continuum, umano e storico, a prosecuzione di una storia infinita, incline alle suggestioni del sentimento e del Romanticismo.

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