Video hard, la giustizia non si fa sul web

Come se ci si trovasse di fronte ad una triste tendenza, ci troviamo ad affrontare ancora una volta un caso di diffusione virale di immagini intime che raffigurano una giovane ragazza. Non volendo entrare nel merito delle immagini, analizziamo le conseguenze di esse. Si è scatenato un dibattito mediatico e social sulla vicenda quando alla nota opinionista e giornalista Selvaggia Lucarelli è stato segnalato un post su Facebook di un ragazzo facente riferimento al video in questione con termini poco edificanti. La Lucarelli, senza pensarci due volte, ha quindi reso pubblico lo screenshot dei commenti sulla sua pagina come denuncia morale della questione, accompagnata dall’auspicio poco ortodosso verso il ragazzo che le immagini non si fossero diffuse: “Intanto, se quel video esce da qualche parte, conosciamo il primo individuo certo da cui andrà a bussare la polizia postale.” E’ seguita poi anche la denuncia vera e propria del filmato alla polizia postale.

Anche se ammirevole la presa di posizione della Lucarelli, che dopo i recenti fatti che hanno causato anche una vittima, ha scelto di battersi per questa causa. Il rovescio della medaglia è però che siamo sul web, e vista la notorietà del personaggio, la campagna pubblica che si è inaugurata ha aumentato l’impatto mediatico del filmato, che è quindi diventato più conosciuto e appetibile, aumentando così la diffusione, a discapito della protagonista, che probabilmente avrebbe preferito che ciò restasse un fenomeno arginabile. Inoltre, il ragazzo (che da quanto si evince dai commenti precisiamo non essere colui che ha immesso il video sul web, ma solo qualcuno che ne ha preso visione), emerso quasi come capro espiatorio della vicenda, e accusato di bullismo, sta ricevendo a sua volta un trattamento virtuale poco piacevole da chi si è avvicinato alla vicenda. Quindi la domanda sorge spontanea: “è giusto combattere il bullismo facendo a propria volta i bulli contro degli altri? Non equivale forse a mettere il ragazzo alla gogna proprio come è accaduto con la ragazza vittima di questa diffusione?”. Considerando anche il fattore che il ragazzo, che si è reso sì protagonista di commenti beceri, ma che non è stato il principale responsabile, si è inimicato un personaggio noto, che ha quindi molto più seguito dalla propria parte, e i cui sostenitori potrebbero decidere di “farla pagare” al giovane. Perchè creare sul web delle fazioni in cui c’è da individuare il pubblico, l’eroe e il mostro, che nel loro scontrarsi rievocano costantemente nella memoria della vittima un trauma che ella cerca di superare?

Per combattere la diffusione di qualsiasi materiale sul web, talvolta è meglio uscirne dai confini, dato che questo è come un fuoco, e ogni individuo che vuole dire la sua, in un senso o nell’altro, getta benzina. Considerando che la giustizia non si fa sul web, è meglio esportare in toto la vicenda alle autorità competenti prima che questa diventi l’argomento del giorno per molti giorni, rendendo impossibile i loro tentativi di porre un freno. Invece la diffusione continua, rovinando momenti della vita di una giovane che avrebbero potuto essere più sereni. E che non si venisse ancora a dire che è colpa del web.

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