Gomorra, giunta al termine con polemiche la seconda stagione della serie televisiva

La scorsa settimana è giunta al termine la seconda stagione della celeberrima serie tv Gomorra con la dodicesima e ultima puntata, ma sembrano non terminare gli strascichi ad essa legata e i dibattiti sui social fra gli utenti che l’hanno seguita. La polemica è infatti legata alle minacce che l’attore Fabio De Caro (che nella serie interpreta Malammore) ha ricevuto via social a causa di un delitto che il suo personaggio ha dovuto compiere. Tempestive sono giunte le dichiarazioni di Salvatore Esposito, attore che interpreta Gennaro Savastano:

“Noi Attori di Gomorra siamo dei professionisti ed il fatto che alcune persone confondono il personaggio con l’Artista significa che siamo riusciti a pieno nel nostro compito. Ma sta accadendo una cosa bruttissima che solo in Italia accade ovvero insultare sul personale il mio collega Attore Fabio De Caro per l’atroce atto (di cui non spoilererò) che il suo personaggio Malammore ha compiuto nell’ultimo episodio. Chiedo a voi pochi di indignarvi ed urlare sì, ma contro le persone che tutti i giorni nella vita reale compiono questi atti barbari e rovinano l’immagine della nostra amata terra. Noi siamo Attori e portiamo l’Arte che ci scorre nelle vene nel mondo, e dovremmo vantarcene tutti!!! Al pubblico intelligente chiedo di aiutarmi a difendere il nostro lavoro e la nostra vita!!”

Come già espresso dal pensiero di Salvatore Esposito, per un certo verso ci sarebbe da andare fieri che un prodotto totalmente made in Italy, che consiste in una denuncia di una realtà che dalla Campania si estende all’Italia tutta e anche fuori dai confini nazionali, abbia un tale seguito, che il messaggio delle difficoltà che sono presenti in ogni istante nelle zone citate dalla serie (e non solo nel paio d’ore di martedì sera quando la stessa andava in onda) possa arrivare alla mente di tantissime persone. Il rovescio della medaglia si ha, però, quando ci si trova dinanzi a degli episodi come quello che stiamo raccontando, che sembrano assurdi. Come si fa a non distinguere tra l’attore e il personaggio di finzione? Come ha accennato proprio lo stesso attore Fabio De Caro al convegno “Highlights in oncologia”, tenutosi il 20 Giugno presso Villa Rossana a Bacoli, sembra di essere ritornati indietro nel tempo, al periodo delle sceneggiate napoletane, in cui spessoò’malamente di turno veniva malmenato dagli spettatori che in quel momento lo inquadravano solo come antagonista e non più come attore che interpreta una parte. Invece, anche i meno esperti di dinamiche televisive dovrebbero sapere le basi: gli sceneggiatori partoriscono la scena e il regista coordina gli attori che devono interpretarla più realisticamente che possono. Poi, fuori dal set, “i nemici” che durante le riprese si sparavano l’un l’altro, vanno a braccetto a bere un caffè al bar.

Nel guardare una serie di denuncia, proposta da un’angolazione in cui la legge non esiste, bisogna saper interpretare cosa si sta guardando. Gomorra è una serie in cui nulla è lecito, e quindi sorge spontanea la domanda: “se non si riesce a distinguere tra realtà e finzione e ci si indigna solo alla fine per una scena atroce, non vorrà forse dire che tutto ciò che è stato mostrato prima appare come giustificabile? E non si corre quindi il rischio di capovolgere ciò che è l’intento di denuncia della serie e incorrere in un meccanismo di emulazione?”. Non molto tempo fa abbiamo potuto assistere allo scoppio di un’altra polemica, dopo che altri organi di informazione avevano diffuso dei video di bambini che simulavano le scene interpretate dai boss di camorra della serie, salvo poi scoprire che si trattasse di un cortometraggio artigianale realizzato dagli stessi bambini. D’altronde le armi giocattolo esistono ormai da sempre nella società civilizzata e da sempre i bambini giocano a fare la guerra pur senza diventare dei killer da grandi.

Ne scaturisce quindi che il problema sociale non è tanto l’emulazione, ma il sapersi rapportare a ciò che le produzioni ci offrono attraverso la televisione, e cioè una visione non intellettualmente passiva, ma di interpretazione. Così da poter far capire il messaggio etico anche ai più piccoli che potrebbero non coglierne tutte le sfumature. Una questione per cui in Italia, in cui non è la prima volta che accadono episodi come questo, siamo ancora lontani dal risolvere.

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