TRIPERGOLE. Riflessioni sul borgo che fu distrutto dall’eruzione di Monte Nuovo il 29 settembre 1538 e di cui non si ha più traccia

 

 

Illustrazione di F. Marchesino tratta dal Bollettino della Società dei naturalisti in Napoli Volume v.55-57 (1944-1948) – Publication date 1887

 

Da qualche anno, a causa del bradisismo, è ritornata di grande attualità la nascita di Monte Nuovo e, soprattutto nell’imminenza di una scossa di terremoto, viene rispolverata la storia dell’improvvisa eruzione che distrusse completamente il borgo di Tripergole il 29 settembre 1538.

Sui social media, quasi come se fosse un ammonimento, vengono pubblicate e rilanciate le solite immagini che raffigurano la fase eruttiva dell’esplosione del vulcano, alimentando, qualora ce ne fosse bisogno, l’incubo che possa ripetersi.

Ricostruzione di Marco Antonio Delli Falconi

Iniziamo subito col chiarire che la nascita di Montenuovo non fu affatto un evento improvviso: anche se si elevò in appena due giorni fu anticipato da due anni di forti scosse di terremoto che si intensificarono nelle settimane precedenti l’eruzione con fenomeni estremamente tangibili, come il sollevamento e la fratturazione del suolo, l’apparizione di nuove sorgenti di acqua calda e fredda e il ritiro del mare per circa 400 metri. Ciò contribuì ad allontanare i residenti dalla zona e dalle abitazioni molto tempo prima dell’attività parossistica, ragion per cui nel momento dell’evento non vi furono vittime né a Tripergole né nella vicina Pozzuoli dove i cittadini ebbero tutto il tempo di mettersi in salvo anche durante la fase eruttiva. Le persone e gli animali che si vedono nelle immagini, scaraventate in aria tra le fiamme, sono state disegnate solamente per enfatizzare la drammaticità dell’accadimento.

Francesco del Nero fu testimone oculare ed ammirò da vicino l’eruzione, impaurito ma non abbastanza però “che io, avanti passassi duo terzi di ora, non andassi così mezzo malato a certa altezza qui vicino, [molto probabilmente sulla collina dello Scalandrone, l’altro versante dell’Averno] dove vedevo tutto”. Viene confermato quindi che la formazione di Monte Nuovo è il risultato di un’eruzione freatica molto circoscritta, strettamente localizzata all’area del villaggio di Tripergole che fu coperto interamente.

Tripergole in origine era un bagno termale (balneum) sfruttato dai Romani assieme a tanti altri che si trovavano nella fascia costiera che andava da Pozzuoli a Baia; ve n’erano anche a Bagnoli, ad Agnano, agli Astroni ma la maggiore concentrazione si riscontrava nell’area tra il lago d’Averno e la collina di Tritoli. Segno inequivocabile della presenza di una falda freatica sotto la superficie.

Attorno al bagno di Tripergole, probabilmente perché era il più grande, nel medioevo si sviluppò un centro abitato con un ospedale che accoglieva i bisognosi di cure termali, tre osterie e perfino un castello dove per qualche tempo soggiornò anche Re Ferdinando come si rileva dal “Codice Aragonese, o sia Lettere regie, ordinamenti ed altri atti governativi de’ sovrani aragonesi in Napoli riguardanti l’amministrazione interna del reame e le relazioni all’estero per cura del cav. prof. Francesco Trinchera”. La tesi più accreditata è che il villaggio abbia preso nome da tale bagno.

 

Mappa di Antonio Salamanca 1538 – Il Vero Disegnio In Sui Proprio Luogho Ritratto Del In Felice Paese Di Posuolo Quale E. M. 60 et del Monte di Nuovo Nato In Mare Et In Terra, 29 de Setenbre 1538

Ricavare l’etimologia di Tripergole diventa impresa ardua per le svariate accezioni storpiate dal volgo o trascritte male da chi le ascoltava. Bisogna tener presente che ci troviamo in una zona dove il dialetto grava pesantemente sulla pronuncia dei nomi a causa della formulazione delle vocali molto aperte.

Secondo Leandro Alberti nel suo libro “La descrittione di tutta Italia” del 1550, il nome deriva «dalla Casa tripartita o’ fosse divisa in tre parti, ove erano conservate le veste & altre cose di quelli, quali quivi erano passati à bagnarsi».

Il bagno di Tripergole tratta da University of Edinburgh – www.europeana.eu

É molto probabile quindi che il bagno di Tripergole in epoca medievale sia stato ammodernato mantenendo la struttura originaria romana coi tipici ambienti (frigidarium, tepidarium e calidarium); difatti lo stesso Alberti dice che veniva chiamato il bagno vecchio, come per indicare quello più antico.

Anche la posizione di Tripergole è difficile da stabilire poiché inspiegabilmente non esistono mappe dei Campi Flegreiantecedenti al 1540. Si trovano solo descrizioni testuali di storici che citano riferimenti approssimativi, alcuni dei quali celati dal materiale eruttato o stravolti dall’accadimento. Il Ferrante, per esempio, colloca Tripergole tra la Grotta della Sibilla, il lago d’Averno e il Trespoto, che non basta per fare una triangolazione poiché non ci dice cosa fosse quest’ultimo né dove si trovasse, se a sud o a nord degli altri due indizi.

Solo il Loffredo scrive: “Vicino a questo castello [Tripergole] era un colle assai delicioso detto Trespoto, del quale fa menzione Properzio ed oggidì serba tal nome quantunque alquanto corrotto perché dicesi volgarmente Trispote. Da questo Trispote per avventura derivò il nome di detto castello, qual si dice Tripergole”.

Ecco un’altra esegesi del nome della località che escluderei poiché non vedo nessun nesso tra l’etimo Trispote e Tripergole; apprendiamo però che è un colle. Ora bisogna capire dove si trovasse poiché oggigiorno non esiste alcun sito con tale nome.

Parte della ricostruzione della TABULA CHOROGRAPHICA NEAPOLITANI DUCATUS Saeculo XI da Monumenta ad Neapolitani ducatus historiam pertinentia; 2,2 di Capasso Bartolommeo

Trispote o Trespoto derivano da Tespròto [Thesproto], primo re dei Tespròti, che secondo Strabone e Columella fonda il proprio regno, la Trespozia, sul litorale cumano. Properzio lo menziona a proposito di Cynthia [Cinzia] nell’elegia XI cui proibiva la villeggiatura a Baja poiché alle caste fanciulle inimica: “in mezzo a Baia, dove s’allunga un sentiero sulle spiagge di Ercole, e poi ammiri il mare sottostante al regno di Tesproto vicina al famoso Miseno”.

Pausania invece, spiegando la discesa di Orfeo agli inferi, dice che essendogli morta la moglie si reca in un luogo della Tesprozia chiamato Aorno [Averno] ov’era un antico oracolo per l’evocazione de’ morti.

Loffredo Ferrante non fa nomi, ma ci da’ indicazioni abbastanza precise: «Vicino il Lago Averno era un monticello[Trespoto], e sopra un Castello, il quale debbe essere opera de Francesi da trecento anni in qua; fra questo monticello, et Averno, e la grotta della Sibilla, era quasi la maggior parte dei bagni di Pozzuolo, per causa di quali vi era un borgo[Tripergole] di una strada lunge dall’acque di Averno, in fino appresso il mare, secondo à quel tempo stava… [il lago d’Averno veniva chiamato anche lago di Tripergole] Vi era ancora un Truglio antico [tempio di Apollo] non già della grandezza di quello Baia [tempio di Mercurio], ma era di bella architettura, et molto ben fatto: i Bagni, il Castello, il Truglio co’l lago Lucrino stanno hoggi sepolti nel monte nuovo».

Abbiamo quindi abbastanza elementi per posizionare il colle del Trespoto tra la via Erculanea, il lago d’Averno e il Monte Barbaro.

Marco Antonio Delli Falconi, quando racconta l’eruzione, dice che «incominciarono a vedersi in quel luogo ch’è tra il sudatoio e tre pergole certe fiamme di foco le quali incominciarono dal detto sudatoio et andavano verso tre pergole, et ivi fermatesi, cioè in quella valletta ch’è tra il Monte Barbaro et quel monticello che si denomina del Pericolo».

Qui avviene una trasmutazione nominale: il colle del Trespoto diventa monticello del Pericolo e la denominazione precedente sparisce dalla toponomastica flegrea. Come mai?

I rilievi presenti nei Campi Flegrei sono rappresentati dai resti craterici di vulcani molto spesso nati all’interno dell’edificio precedente creando creste sovrapposte o molto ravvicinate. Se ci soffermiamo ad ammirare il cosiddetto Tempio di Apollo dal versante opposto del lago, ci accorgiamo che c’è discontinuità tra le pendici del Monte Nuovo e l’altura orizzontale che sovrasta detto monumento: quest’ultima non appartiene né all’arco craterico dell’Averno né all’eruzione del 1538 (che ne copre una parte) ma ad un cratere preesistente.

Il Tempio, che in realtà è un edificio termale, non è stato investito dai materiali emessi dal vulcano ma dal cedimento di questo crinale durante le scosse di terremoto che precedettero l’eruzione. Sono sicuro che questa propaggine si prolungasse fino al mare e sia proprio questa che ha assunto prima il nome di Trespoto e successivamente di “monticello del Pericolo” probabilmente per i ripetuti franamenti dovuti ai frequenti movimenti tellurici.

Puteoli circa 1590 – Aelst, Nicolas van Aelst – München, Bayerische Staatsbibliothek – Mapp. XIV,150 mx

Un’altra curiosità che emerge dalla documentazione dell’epoca è che nessun autore indica come punto di orientamento il lago Lucrino.

Il Loffredo lo nomina solo per comunicarci che “oggi è sepolto nel monte nuovo”, eppure sappiamo che sin dai tempi dei Romani era lì ed aveva dimensioni così estese da ospitare per un periodo di tempo non solo le strutture del famoso Portus Julius ma anche i grandi allevamenti di ostriche ed orate che lo resero famoso in tutto il mondo romano.

Uno dei motivi potrebbe essere che al tramontare dell’Impero le rive del lago Lucrino cominciarono a scendere di livello a causa dell’abbassamento della costa puteolana.

Nella famosa carta geografica dell’Impero Romano del secolo Il d. C., denominata Tavola Peutingeriana, sono indicati il lago Fusaro e l’Averno col mare che arriva fino alla sua sponda meridionale ma non c’è il Lucrino, evidentemente perché in tale secolo la via Erculanea era già sommersa [1].

Tavola Peutingeriana

Una conferma arriva dal cosiddetto Serapeo di Pozzuoli, integro fino al II/III secolo, poi andò gradualmente abbassandosi e al principio del XVI sec. emergevano dalle acque solo le tre colonne di marmo cipollino [2].

Di conseguenza, agli inizi del 1500, la diga del Lucrino risultava completamente sommersa a causa del fenomenobradisismico.
Essa dovette inabissarsi come minimo di sei metri sotto il livello dell’acqua con un abbassamento del litorale di almeno 8 metri ed il Serapeo nel massimo sprofondamento.

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[1] Nella stessa Tavola compare anche il nome Invinias (in vigna) dove si verrebbe a trovare Tripergole. Ciò ha suggerito un’altra derivazione del toponimo tratto dal sistema di coltivazione delle viti.
[2] Da qui possiamo calcolare anche che l’abbassamento massimo di 12 metri è avvenuto in dodici secoli.

 

Tempio di Serapide – da Bildarchiv Foto Marburg

Quasi al termine di questa ricerca ho scoperto che Antonio Parascandola, prestigioso vulcanologo e mineralogista procidano, è giunto alle stesse conclusioni ma ottant’anni prima di me ed ha redatto una mappa che spiega in modo chiaro la situazione antecedente la nascita di Monte Nuovo. Rimando pertanto, per chi volesse approfondire lo studio, al suo lavoro pubblicato sul Bollettino della Società dei naturalisti in Napoli intitolato “Il Monte Nuovo e il Lago Lucrino”.

È interessante notare che, nonostante il Parascandola sia stato un addetto ai lavori, ha seguito anche lui il percorso storico basandosi sulle testimonianze dell’epoca. Pure oggi, malgrado i notevoli passi avanti fatti sia in campo scientifico che tecnologico, si continua a guardare al passato in mancanza di dati provati e verificabili ed è difficile finanche fare previsioni poiché non sempre il bradisismo segue le stesse dinamiche dei vulcani.

Mappa di Antonio Parascandola da Il Monte Nuovo e il Lago Lucrino

 

Cosa rimane oggi di Tripergole?

Apparentemente niente. Tutto rimane sepolto sotto Monte Nuovo e non abbiamo conoscenza di elementi materiali che testimonino la sua presenza.

Aveva un castello, un ospedale, diversi bagni termali, tre osterie [da cui avrebbe preso il nome secondo alcuni], una canetteria reale, le case coloniche dei contadini che coltivavano le sterminate vigne sparse sia in pianura che sulle colline circostanti. È impensabile che ci fosse solo un Vicus Tripergole, doveva esserci un borgo abbastanza esteso da far definire l’Averno il lago di Tripergole.

Se il Loffredo ha scritto “vi era un borgo di una strada lunge dall’acque di Averno, in fino appresso il mare” il suo ambito doveva estendersi lungo le sponde del lago da nord (falde di Monterusso ) [3]  sud fino al mare, compresa la parte di terraferma dello scomparso Lucrino.

Niccolò Carletti, nel “La storia della Regione abbruciata”, aggiunge che gli esiti dell’eruzione “si distesero all’intera distruzione degli avanzi dell’antica Tripergole, all’assorbimento del terreno antichissimo, di molti edifici moderni” confermando l’esistenza non di un unico centro abitato ma di una vecchia Tripergole abbandonata probabilmente a causa dei danni causati dai terremoti, ed una che si stava ricostruendo.

In un paragrafo de “La Vera antichità di Pozzuolo, etc.” il Capaccio scrive «Gli ADAMIAMI, sono sempre stati nobili in Pozzuolo. Ma trà gli altri hebbero quel Paris che dal Rè Ferdinando fù eletto per custode de i monti di Pozzuolo, e di Tripergole, acciò c’havesse pensiero della caccia Regale».

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[3] in alcuni documenti lo troviamo come monte Ruosi, probabile trascrizione dal dialetto ruoss (grande) e successivamente diventato “russo

Finora abbiamo visto che le trasformazioni linguistiche delle denominazioni hanno avuto un ruolo determinante nel corso della storia flegrea e da Adamiami a Damiani il passo è breve.

Sappiamo che la via Domiziana da Pozzuoli attraversava Tripergole per proseguire verso Cuma e con l’eruzione fu anch’essa stravolta e ricoperta ma poi costruita nuovamente tra Monte Nuovo e Monte Barbaro riallacciando i due vecchi tronconi sud e nord.

Il complesso turistico che fino a qualche anno fa si chiamava “i Damiani”, dal cognome di famiglia dei proprietari, si trova in prossimità della congiunzione tra la vecchia e la nuova Domiziana nella propaggine nord del territorio di Tripergole.

Sarà un caso?

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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