deve invece,
creare un processo dinamico nel quale l’attività artistica e quella
culturale diventino elementi identificativi del territorio.
Un’ ultima considerazione va fatta, in relazione al rischio, di creare una
specie di monocultura turistica commerciale. Non bisongna fare l’errore
come nel passato, quando si puntò tutto sull’industria, allora, nominare
il turismo o la cultura era come bestemmiare. Adesso si deve evitare di
fare l’inverso e integrare lo sviluppo turistico con altri modelli
produttivi, così come sono stati illustrati e compatibili con il
territorio.
Tra i vari interventi che si sono poi susseguiti, Antonio Lucignano, in
rappresentanza dei giovani comunisti del partito della rifondazione
comunista, a rilevato la necessità di creare a Pozzuoli, le premesse per
un modo diverso di fare politica, dando spazio a nuove istanze e nuovi
modelli, affinché i giovani possano avvicinarsi al confronto con più
fiducia.
A partire dalle linee di sviluppo espresse dall’appello per Pozzuoli,
Lucignano ha più volte riportato l’attenzione, sulla difficile condizione
giovanile, che coinvolge l’intero quotidiano dei giovani: dalle
frustrazioni generate dal lavoro precario, alla totale assenza di
strutture ricettive, dove potersi esprimere e condividere esperienze sul
piano artistico e culturale.
Ha inoltre sollecitato l’assemblea sia ad orientare il proprio voto
operando scelte accurate sugli uomini che dovranno governare questa città
nel prossimo futuro, sia a mantenere vivo un tavolo di confronto sui
grandi temi, in particolare: occupazione, in un percorso stabile e fuori
dal precariato, controllo sulle privatizzazioni e progetti finanziati per
attività sul territorio, per i quali fin’ora poco si è fatto.
Napoli
Ambiguità e complessità della Comunicazione Pubblica
di Valentina Castellano
È dal 1991 che
si parla di una “nuova”democrazia con la creazione della Global
Information Infrastructure, una globale struttura di informazione
affermatasi attraverso lo sviluppo e l’uso sempre più “embedded” delle
nuove tecnologie di informazione. L’affermazione delle ICT (information
communication technology) rappresenta infatti la potenzialità di una nuova
e più forte forma di partecipazione democratica che vede finalmente i
cittadini coinvolti nei processi di decision – making delle questioni
pubbliche.
Con le nuove tecnologie si passa di fatto dalla rappresentanza alla
partecipazione, dando la possibilità ai cittadini di riappropriarsi del
potere decisionale nonostante la dimensione territoriale.
Ed è in linea a questo forte sviluppo tecnologico e alle sue notevoli
conseguenze che modificano sostanzialmente il rapporto tra le istituzioni
e la società civile, che viene fuori la necessità di attuare un
particolare tipo di comunicazione e di informazione da parte delle
amministrazioni pubbliche che veda coinvolto il cittadino in maniera
competente, responsabile e completa.
Stiamo parlando della Comunicazione Pubblica.
Concettualmente e strutturalmente difficile da definire, esiste infatti
una sorta di ambiguità che caratterizza la comunicazione pubblica legata
all’ambiguità dello stesso sistema politico, questo tipo particolare di
comunicazione è strettamente legata a tre fattori: le funzioni dello stato
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(parliamo di
Welfare); l’ampliamento della sfera dei diritti (e soprattutto la
consapevolezza di possedere questi diritti); e come dicevamo l’ampliamento
e lo sviluppo dei mezzi di comunicazione di massa. Ci troviamo di fronte
ad un’arena pubblica sostanzialmente mediatica, in essa attori diversi,
con responsabilità diverse, si confrontano, interagiscono per le stesse
finalità. La comunicazione pubblica deve infatti perseguire degli
interessi che siano appunto pubblici, generali, ma soprattutto attuare dei
processi di comunicazione, cioè di emissione, trasmissione, ricezione ed
interpretazione, di tipo bilaterali. E qui veniamo alla parola chiave
della questione: feedback.
La comunicazione nella sua vastità si afferma per essere una risorsa di
potere, un fattore di modernizzazione, una componente del processo di
semplificazione (delle procedure, delle prassi, dei linguaggi), ma ancora
di più un fattore di democratizzazione. Con la gestione delle
amministrazioni attraverso la comunicazione c’è possibilità, come
dicevamo, di condivisione. L’amministrazione diventa di tipo
“colloquiale”. Ed ecco il feedback. Si passa da un utente/cittadino, ad un
cittadino/utente; si passa da un paese/contenitore ad un sistema/paese.
Quest’ultimo concetto rimanda appunto all’idea di una cultura condivisa,
alla collaborazione ed interazione tra le parti per una finalità comune.
Gli obiettivi principali del sistema paese sono sicuramente: la
solidarietà e lo sviluppo; la competitività e l’inclusione; la creazione
di prospettive e l’organizzazione di fiducia.
Siamo dunque di fronte all’idea di una società che può essere definita
come “relazionale”, che si basa sulla cultura della sussidiarietà, del
confronto e della negoziazione.
È sicuramente passato tempo da quando nel 1988 ci voleva una sentenza
della Corte Costituzionale ad affermare che la pubblica amministrazione ha
il dovere di informare i cittadini in modo che non si creino ignoranze; è
di venti anni fa la legge 241 che prescrive norme in materia di accesso e
trasparenza. Nel 2001 invece è stata emanata la legge 150 che apre un
importante spazio nella pubblica amministrazione ai comunicatori pubblici
(negli urp), e ai giornalisti (negli uffici stampa).
Ma quanto realmente è stato messo in pratica in questi anni? Quanta
consapevolezza c’è nei cittadini di non essere più solo degli utenti
passivi? Quanto realmente c’è di pubblico nelle comunicazioni
istituzionali?
I confini tra le varie dimensioni comunicative, specie tra quella politica
e quella pubblica, sono sempre molto sottili, capita spesso e da entrambi
le parti che si confondino le finalità dei messaggi, che si faccia solo
informazione, e quindi che si affermi uno stato che informi i cittadini
non attivando un processo di comunicazione vero e proprio con essi. Di
fatto si ritorna alla complessità e all’ambiguità di cui parlavamo prima.
La comunicazione pubblica è un terreno di incontro tra fattori
istituzionali e sociali, richiede ogni volta un trattamento diverso, a
seconda del contesto, della progettazione, della gestione. È una
comunicazione non riconducibile ad un unico soggetto, è definibile come
uno spazio caratterizzato dalla dinamica del confronto e dal negoziato.
Uno spazio fluido e non delimitato, ma sempre uno spazio di interesse
comune. Credo stia proprio qui la problematicità sostanziale nella
produzione e nella gestione di questo tipo di comunicazione:dove finisce
il particolare e dove inizia il generale? O meglio: si possono stabilire i
confini o la legittimità di determinati interessi e renderli quindi
generali?
Le problematiche, i quesiti che qui ci siamo posti sembrano in questi anni
non trovare risposta, anzi il confine di cui parlavamo prima sembra
assottigliarsi sempre più fino quasi a scomparire. Dicevamo soprattutto in
questi anni. Soprattutto nel nostro paese.
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