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pagina 4

marzo 2006

Numero 4

deve invece, creare un processo dinamico nel quale l’attività artistica e quella culturale diventino elementi identificativi del territorio.
Un’ ultima considerazione va fatta, in relazione al rischio, di creare una specie di monocultura turistica commerciale. Non bisongna fare l’errore come nel passato, quando si puntò tutto sull’industria, allora, nominare il turismo o la cultura era come bestemmiare. Adesso si deve evitare di fare l’inverso e integrare lo sviluppo turistico con altri modelli produttivi, così come sono stati illustrati e compatibili con il territorio.
Tra i vari interventi che si sono poi susseguiti, Antonio Lucignano, in rappresentanza dei giovani comunisti del partito della rifondazione comunista, a rilevato la necessità di creare a Pozzuoli, le premesse per un modo diverso di fare politica, dando spazio a nuove istanze e nuovi modelli, affinché i giovani possano avvicinarsi al confronto con più fiducia.
A partire dalle linee di sviluppo espresse dall’appello per Pozzuoli, Lucignano ha più volte riportato l’attenzione, sulla difficile condizione giovanile, che coinvolge l’intero quotidiano dei giovani: dalle frustrazioni generate dal lavoro precario, alla totale assenza di strutture ricettive, dove potersi esprimere e condividere esperienze sul piano artistico e culturale.
Ha inoltre sollecitato l’assemblea sia ad orientare il proprio voto operando scelte accurate sugli uomini che dovranno governare questa città nel prossimo futuro, sia a mantenere vivo un tavolo di confronto sui grandi temi, in particolare: occupazione, in un percorso stabile e fuori dal precariato, controllo sulle privatizzazioni e progetti finanziati per attività sul territorio, per i quali fin’ora poco si è fatto.


comunicazione

Napoli

Ambiguità e complessità della Comunicazione Pubblica

di Valentina Castellano


È dal 1991 che si parla di una “nuova”democrazia con la creazione della Global Information Infrastructure, una globale struttura di informazione affermatasi attraverso lo sviluppo e l’uso sempre più “embedded” delle nuove tecnologie di informazione. L’affermazione delle ICT (information communication technology) rappresenta infatti la potenzialità di una nuova e più forte forma di partecipazione democratica che vede finalmente i cittadini coinvolti nei processi di decision – making delle questioni pubbliche.
Con le nuove tecnologie si passa di fatto dalla rappresentanza alla partecipazione, dando la possibilità ai cittadini di riappropriarsi del potere decisionale nonostante la dimensione territoriale.
Ed è in linea a questo forte sviluppo tecnologico e alle sue notevoli conseguenze che modificano sostanzialmente il rapporto tra le istituzioni e la società civile, che viene fuori la necessità di attuare un particolare tipo di comunicazione e di informazione da parte delle amministrazioni pubbliche che veda coinvolto il cittadino in maniera competente, responsabile e completa.
Stiamo parlando della Comunicazione Pubblica.
Concettualmente e strutturalmente difficile da definire, esiste infatti una sorta di ambiguità che caratterizza la comunicazione pubblica legata all’ambiguità dello stesso sistema politico, questo tipo particolare di comunicazione è strettamente legata a tre fattori: le funzioni dello stato

 

(parliamo di Welfare); l’ampliamento della sfera dei diritti (e soprattutto la consapevolezza di possedere questi diritti); e come dicevamo l’ampliamento e lo sviluppo dei mezzi di comunicazione di massa. Ci troviamo di fronte ad un’arena pubblica sostanzialmente mediatica, in essa attori diversi, con responsabilità diverse, si confrontano, interagiscono per le stesse finalità. La comunicazione pubblica deve infatti perseguire degli interessi che siano appunto pubblici, generali, ma soprattutto attuare dei processi di comunicazione, cioè di emissione, trasmissione, ricezione ed interpretazione, di tipo bilaterali. E qui veniamo alla parola chiave della questione: feedback.
La comunicazione nella sua vastità si afferma per essere una risorsa di potere, un fattore di modernizzazione, una componente del processo di semplificazione (delle procedure, delle prassi, dei linguaggi), ma ancora di più un fattore di democratizzazione. Con la gestione delle amministrazioni attraverso la comunicazione c’è possibilità, come dicevamo, di condivisione. L’amministrazione diventa di tipo “colloquiale”. Ed ecco il feedback. Si passa da un utente/cittadino, ad un cittadino/utente; si passa da un paese/contenitore ad un sistema/paese. Quest’ultimo concetto rimanda appunto all’idea di una cultura condivisa, alla collaborazione ed interazione tra le parti per una finalità comune. Gli obiettivi principali del sistema paese sono sicuramente: la solidarietà e lo sviluppo; la competitività e l’inclusione; la creazione di prospettive e l’organizzazione di fiducia.
Siamo dunque di fronte all’idea di una società che può essere definita come “relazionale”, che si basa sulla cultura della sussidiarietà, del confronto e della negoziazione.
È sicuramente passato tempo da quando nel 1988 ci voleva una sentenza della Corte Costituzionale ad affermare che la pubblica amministrazione ha il dovere di informare i cittadini in modo che non si creino ignoranze; è di venti anni fa la legge 241 che prescrive norme in materia di accesso e trasparenza. Nel 2001 invece è stata emanata la legge 150 che apre un importante spazio nella pubblica amministrazione ai comunicatori pubblici (negli urp), e ai giornalisti (negli uffici stampa).
Ma quanto realmente è stato messo in pratica in questi anni? Quanta consapevolezza c’è nei cittadini di non essere più solo degli utenti passivi? Quanto realmente c’è di pubblico nelle comunicazioni istituzionali?
I confini tra le varie dimensioni comunicative, specie tra quella politica e quella pubblica, sono sempre molto sottili, capita spesso e da entrambi le parti che si confondino le finalità dei messaggi, che si faccia solo informazione, e quindi che si affermi uno stato che informi i cittadini non attivando un processo di comunicazione vero e proprio con essi. Di fatto si ritorna alla complessità e all’ambiguità di cui parlavamo prima. La comunicazione pubblica è un terreno di incontro tra fattori istituzionali e sociali, richiede ogni volta un trattamento diverso, a seconda del contesto, della progettazione, della gestione. È una comunicazione non riconducibile ad un unico soggetto, è definibile come uno spazio caratterizzato dalla dinamica del confronto e dal negoziato. Uno spazio fluido e non delimitato, ma sempre uno spazio di interesse comune. Credo stia proprio qui la problematicità sostanziale nella produzione e nella gestione di questo tipo di comunicazione:dove finisce il particolare e dove inizia il generale? O meglio: si possono stabilire i confini o la legittimità di determinati interessi e renderli quindi generali?
Le problematiche, i quesiti che qui ci siamo posti sembrano in questi anni non trovare risposta, anzi il confine di cui parlavamo prima sembra assottigliarsi sempre più fino quasi a scomparire. Dicevamo soprattutto in questi anni. Soprattutto nel nostro paese.

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