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pagina 3

gennaio 2006

Numero 2

popolo ebraico potrebbe anche essere presa in considerazione, il pericolo nucleare dell’Iran nulla ha a che vedere con i media di cui sopra, sono come le armi chimiche di Saddam, come ben Laden da catturare in Afghanistan, come il “per caso” dell’assassinio di Calipari, come molti altri tragici o paradossali episodi della nostra contemporaneità.

New York, 24 gennaio 2005: Questa è una guerra contro il terrorismo e l’Irak è solo una delle campagne. La prossima sarà quella contro l’Iran. Riunione degli Stati Maggiori, parole di Rumsfeld, Ahmadi Nejad non era ancora presidente, ma forse, a sua insaputa, andava aiutato a diventarlo, per motivi di comodo, Il Grande Gioco. Rumsfeld però è lo stesso responsabile dell’Irak, degli abusi, delle torture, di quei crimini contro l’umanità di cui sappiamo.
Corriere della Sera, 30 ottobre2005: Téhéran viòla i principi Onu, bisogna prenderlo seriamente. Parole del segretario di Stato Usa Condoleeza Rice , eco alla condanna ufficiale del Consiglio di Sicurezza dell’Onu. Cambiano i nomi, la sostanza no.
Intervenire dall’esterno o sobillare rivolte interne, è già avvenuto in Iran, ancor più è fattibile ora, basi statunitensi sono già ovunque intorno a quella terra, l’Iran è circondato, già. Ora.
Va riconosciuto Il Grande Gioco, vanno svegliate le coscienze sì da guardare in faccia la realtà, le verità oltre l’apparenza, unico strumento per non essere nel Gioco stesso, per non aderirvi, esserne fuori, scivolare tra menzogne, tra indotte paure, essere fuori da condanne che siano nell’azione o nel pensiero, poca la differenza. Scivolare per iniziare a costruire una libertà di fondo ancora sconosciuta, quella stessa che allontana dalla menzogna.
Va riconosciuto Il Grande Gioco o Babilonia continuerà ad essere distrutta ancora e ancora sotto altri nomi, Persepoli, ad esempio, con essa la storia dell’umanità, le sue radici. Le nostre.


Triste primato per gli Stati Uniti d’America: con Kenneth Boyd salgono a mille le esecuzioni di condanne a morte.

di Arianna Ballotta*


Il 2 dicembre scorso Kenneth Boyd è entrato nella storia come il millesimo condannato a morte giustiziato negli Stati Uniti d’America dalla reintroduzione della pena capitale nel 1976. Poco prima della sua esecuzione, in una intervista rilasciata alla Associated Press, Boyd disse di detestare l’idea di diventare un numero. Ma così è stato. Se non altro, il triste record è servito affinché si parlasse un po’ più diffusamente di pena capitale, argomento troppo spesso dimenticato, purtroppo.
Negli Stati Uniti d’America, unica democrazia occidentale che ancora applica la pena capitale come strumento di giustizia, vengono eseguite circa 60 esecuzioni all’anno, di cui quasi il 40% nel solo Texas. Nel 1999, anno record, le esecuzioni furono ben 98.

 

Fino al 1° marzo 2005 venivano messi a morte anche i minorenni all’epoca del reato, poi con la decisione presa nel caso Roper v. Simmons la Corte Suprema USA ha dichiarato incostituzionale la pena di morte nei confronti di persone condannate per crimini commessi quando avevano meno di 18 anni. Anche per le persone affette da ritardo mentale (patologia diversa dalla malattia mentale) sono stati fatti passi in avanti. Infatti, nel caso Atkins v. Virginia la Corte Suprema USA ha dichiarato incostituzionale la pena di morte nei loro confronti, in quanto in violazione dell’Ottavo Emendamento sulle punizioni crudeli ed inusuali. Di conseguenza, coloro che vengono riconosciuti affetti da ritardo mentale non sono più giustiziati. Diverso è, invece, il discorso per le persone affette da malattia mentale (disordine bipolare, disordine da stress post-traumatico, schizofrenia, eccetera), in quanto – purtroppo – per loro la pena capitale continua ad essere applicata.
Nonostante l’alto numero di esecuzioni (prendendo, ad esempio, le condanne a morte eseguite nel mondo nel 2004, gli USA hanno giustiziato più persone di qualsiasi altro Paese, ad eccezione di Cina, Iran e Vietnam) queste decisioni recenti evidenziano un’importante tendenza: il Paese sta lentamente ma progressivamente perdendo il suo entusiasmo nei confronti della pena di morte e, sempre più frequentemente, l’ergastolo senza possibilità di libertà sulla parola viene considerata una valida alternativa alla pena di morte. Quando la pena capitale venne reintrodotta nel 1976 questa alternativa non esisteva e il timore che un assassino condannato all’ergastolo venisse prima o poi rilasciato aveva fatto aumentare considerevolmente il favore per la pena capitale. Ora non è più così. Infatti, dei 38 Stati che prevedono la pena capitale, 37 offrono alle giurie questa alternativa e questo ha fatto diminuire il numero di condanne a morte emesse. Inoltre, dopo che molti studi hanno dimostrato che la pena capitale viene applicata in modo ingiusto e bizzarro, che non ha alcun effetto deterrente e che è alto il rischio di condannare a morte persone innocenti (vedi caso di Richard W.Jones anno 2000), sempre più americani si dichiarano favorevoli ad alternative. Secondo quanto emerso da un sondaggio Gallup dell’ottobre scorso, la percentuale di americani a favore della pena di morte è scesa dall’80% del 1994 al 64% e, quando l’ergastolo senza possibilità di libertà sulla parola viene offerto come opzione alla pena capitale, la percentuale di americani a favore della pena di morte scende ulteriormente, addirittura fino al 40%.
La Pena capitale resta quindi un problema politico, un arma ancora usata per dimostrare quanto la giustizia americana sia determinata a punire i “colpevoli” ad ogni costo, anche coloro che dimostrano un cambiamento,come Stanley Tookie Williams giustiziato il 13 dicembre scorso grazie all’ostinata decisione del Governatore della California Arnold Schwarzenegger di confermare l’esecuzione. Dal braccio della morte, Williams ha speso12 anni a lottare contro la criminalità giovanile, diventando un simbolo per molti giovani afroamericani dei quartieri più degradati degli Usa. Williams, è stato più volte candidato al Nobel per la letteratura, ed aveva anche avuto un premio dallo stesso presidente Bush. 

 continua...

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