AIRF FOCUS. Uliano Lucas apre un ciclo di incontri sul fotogiornalismo. 8 novembre 2019 – 8 novembre 1976, legati dal Filo d’Arianna

Al via il ciclo di incontri con i grandi protagonisti della comunicazione visiva promosso dall’ Associazione Italiana Reporters Fotografi. “Raccontare con l’Immagine” – Fotografia e Fotogiornalismo nell’era contemporanea, si legge nel comunicato, “ è un progetto inedito, che propone una serie di incontri sul fotogiornalismo, con lo scopo di trattare il tema in rapporto alla fotografia attraverso la storia, l’estetica, la cultura, la società. L’idea nasce per discutere l’argomento a partire dall’intervento di professionisti e studiosi, coinvolgendo tutti i possibili interlocutori, al fine di offrire un’esperienza conoscitiva e dialettica a tutti i soggetti per i quali l’immagine rappresenta un mezzo di comunicazione: viene da sè che nessuno è escluso, poiché ciascuno di noi è inevitabilmente produttore e fruitore di immagini, strumenti primari di informazione e documentazione, riflessione ed espressione, che, con effetto più o meno sostanziale, accompagnano e plasmano il vissuto personale, e al contempo arricchiscono e alimentano l’immaginario collettivo.”  Oltre all’approccio tecnico professionale, l’intento è quello di analizzare l’impatto e le implicazioni socio-culturali dei temi trattati sul mondo contemporaneo, sviscerando i percorsi storici e ipotizzando evoluzioni nel tempo a venire. L’idea , l’organizzazione e la realizzazione del progetto è di Adriana Tuzzo, fotografa freelance associata AIRF.
Ad aprire il ciclo di incontri AIRF FOCUS,  il prossimo 8 novembre è Uliano Lucas, sul tema: “Il Fotogiornalismo in Italia:  storia, evoluzione, prospettive”. Un filo ideale lega questa giornata con un altro 8 novembre, quello del 1976 in cui si svolse un importante incontro presso il Circolo della Stampa di Milano dal titolo: “AIRF, Prospettive Sindacali”,di cui Uliano Lucas fu uno dei relatori,  organizzato in seguito alla pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale della legge Bonifacio. Da questo incontro scaturì un interessante documento, di cui se ne riportano alcuni passi e da cui emerge con chiarezza il ruolo centrale e critico del fotogiornalista, all’ interno dell’informazione fotografica di quegli anni e soprattutto si avverte chiara l’importanza della sua funzione  culturale, all’ interno dei processi storici del secondo Novecento.

Dai movimenti politici del secondo Novecento, alla scomparsa dell’attore sociale, verso il “soggetto umano”. Rifessioni scaturite da una particolare e alquanto significativa coincidenza.

Il documento firmato da Uliano Lucas, Carlo Arcadi, Walter Battistessa, Carla Cerati, Giancarlo De Bellis, Alberto Roveri e Maura Vallinotto,  citava testualmente: “ Lo scorso ottobre è stata pubblicata la legge Bonifacio che finalmente ci riporta nella categoria del giornalismo dalla quale eravamo stati radiati con l’avvento del fascismo… Questa legge che è un grande risultato ottenuto dall’ AIRF, l’unica associazione, è bene ribadire, che si è battuta per questo traguardo, non trova  pronta una categoria a gestirla. Non trova un sindacato che sia rappresentativo delle realtà che operi nel settore e capace di far fare alla categoria quel salto di qualità che la situazione impone….dobbiamo praticare per la prima volta nella storia della nostra categoria l’unità di tutti, perché se è vero che la legge esiste è anche vero che dovremo combattere per attuarla.”Un documento che a partire dall’analisi dei punti di criticità del lavoro del fotogiornalista in quegli anni, si sofferma su l’importanza di uscire da una visione individualistica della professione e indica “la creazione di un sindacato attraverso l’AIRF che non solo ci tuteli professionalmente, ma che apra anche un nuovo discorso culturale e di riqualificazione professionale. La creazione di agenzie con nuovi criteri, manageriali, organizzativi, che si mettano alla pari con la trasformazione tecnologica dell’editoria e soprattutto iniziare quel discorso responsabile e serio che possono essere un domani le autogestioni e cooperative di fotografi, ma non come avventure giovanili o velleitarie, bensì come partecipazione responsabile al loro lavoro.”

In quegli anni, la fotografia, con i suoi autori è entrata nella testimonianza storica del secondo Novecento d’Italia. Attraverso i movimenti politici e sociali che ne hanno arricchito il bagaglio estetico e culturale, ha battuto e creato visioni storiche uniche, che oggi brillano come fari oltre il declino del sociale.

Sul finire del Novecento e la perdita di centralità delle categorie sociali, il punto focale è diventato il tema dell’informazione, in cui Manuel Castells individua: l’assenza di ogni determinismo tecnologico nella società dell’informazione, a favore di una grande flessibilità sociale dei sistemi d’informazione, condizione nettamente distinta dalla società industriale, dove la divisione tecnica del lavoro era legata ai rapporti sociali di produzione.

In questo scenario con la separazione tra sistema, sia produttivo che statale dall’attore sociale, si è dato sempre più spazio all’ esaltazione dell’individualismo in ogni campo delle relazioni, da quelle professionali a quelle sociali e interpersonali, trascurando in tal modo quelle che sono le legittime aspirazioni dell’individuo in quanto  soggetto creativo, in grado di riprogettare i suoi strumenti percettivi verso i nuovi soggetti sociali emergenti. Circostanza che non vede fuori quei professionisti, che, per la loro attività devono far emergere tutta la loro creatività. Nell’accezione più ampia, il fotografo fa parte di quell’ affascinante universo di “produttore di senso”, in cui la sua creatività si compone con i valori universali affinchè possa esprimersi anche come “soggetto umano”. Un percorso quasi obbligato per riportare la centralità del lavoro creativo all’ interno dei sistemi di trasmissione dell’informazione e della comunicazione visiva. Si tratta di creare un ponte tra gli esempi e gli strumenti che le vicende del secolo scorso ci hanno fornito, nella consapevolezza che tutto il buono nato  dalle società del Novecento, oggi debba rinascere all’interno di ogni individuo. Indagare le nuove relazioni sociali, i grandi mutamenti, lo scambio culturale, esige di scoprire nuovi paradigmi, che come accade spesso nella scienza così come nell’arte, li si vede solo quando ci si inciampa. L’importante è il percorso che si genera e la capacità di saper rimodulare metodologie operative e criteri di valutazione, raccogliendo volta per volta i contenuti culturali che l’altro ci mette a disposizione. A conclusione di queste riflessioni scaturite dallo studio delle tesi di Alain Touraine si riporta un esempio illuminante a cui lui stesso fa riferimento in un suo testo :“Come dice Pirandello nei Sei personaggi in cerca d’autore: “Il dramma per me è tutto qui, signore: nella coscienza che ho, che ciascuno di noi -veda-si crede “uno” ma non è vero: è “tanti”, signore, “tanti”, secondo tutte le possibilità d’essere che sono in noi”.