La tela squarciata

Non si parla. Qui, all’ombra del Vesuvio, come altrove. Bocche cucite per evitare ritorsioni e vendette da parte di chi ha fatto della violenza il suo pane quotidiano Accade da sempre nei territori difficili, bagnati da lunghe scie di sangue che ne mortificano l’orgoglio. E’ accaduto tante volte nel Vesuviano, un territorio contraddittorio che attrae e respinge e che, forse, deve tutto il suo maledetto fascino proprio a questa sua anomala identità.

E, soprattutto, un’area in cui una guerra di camorra perenne non consente di condurre una vita normale. Insomma, una realtà la cui complessità è pari almeno alla sua vastità. Sabato 19 maggio è toccato ad Ercolano essere, suo malgrado, teatro dell’ennesimo agguato di stampo camorristico. Stavolta, però la cronaca dell’accaduto ha fatto registrare qualcosa di inedito. Verrebbe quasi da dire che il cerchio si è spezzato ma, il condizionale è più che mai d’obbligo. A 24 ore di distanza dall’omicidio, tre dei presunti esecutori sono stati assicurati alla giustizia e così, quella linea invisibile che segna il confine tra giusto e sbagliato è stata superata. Un reato. La cattura dei responsabili. Un iter che dovrebbe essere ordinario – si potrebbe opinare – ma, che ordinario, non è quasi mai. A confermare quanto sia stato, invece, straordinario l’atto compiuto dai familiari e dai conoscenti della vittima (la collaborazione con le forze dell’ordine che ha consentito il fermo dei tre che avrebbero aperto il fuoco), ci sono le cifre. Dal 2001, anno che ha “battezzato” la prima faida tra i clan che gestiscono le attività malavitose sul territorio e’ accaduto solo tre volte. Un dato scoraggiante che la dice lunga sulle difficoltà di rompere il muro di omertà che, nella maggior parte dei casi, consente ai componenti dei raid di agire a volto scoperto, talmente è alta la consapevolezza che il timore suscitato cucirà, ancora una volta, le bocche. Beh, stavolta non è stato così grazie al coraggio di una donna in primis, la moglie della vittima, nonché dei suoi conoscenti. Adesso, alle parole di compiacimento pronunciate “a caldo” dai politici o politicanti di turno subito dopo aver appreso la notizia dei tre fermi, seguono le considerazioni del caso. Voglia di riscatto sociale che la parte sana della città attende e cerca o la risposta alla violazione di un codice d’onore che gli assassini, loro malgrado, hanno violato? Già, perché alla storia manca un tassello. Il suocero della vittima, alla vista del corpo esanime del congiunto, è stramazzato al suolo, stroncato da un infarto. Dunque, un morto nella morte contro cui la donna, moglie e figlia e, perciò, colpita due volte nel cuore e nell’orgoglio, ha alzato la testa. Un segno di sfida lanciato a chi ha sentenziato la morte del suo uomo (che a morte, però, si era già condannato scegliendo di arruolarsi nell’esercito dei cattivi) e che, 48 ore dopo l’agguato, ha consentito anche il fermo del quarto uomo che ha preso parte alla spedizione di morte. Ma, sarà davvero questo il tipo di rivalsa a cui tende la parte onesta di Ercolano e di tutte le terre martoriate dalla malavita organizzata per spezzare la soffocante ragnatela del malaffare?

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