Manca la cultura della contraccezione

di  Anna Chiara Cammarota

Dati recenti provenienti da uno studio americano sul tema della salute sessuale e riproduttiva tra i giovani di età compresa tra i 10 e i 24 anni, hanno evidenziato una grossa “insoddisfazione” derivante da carenti servizi ed informazioni per quanto riguarda la tutela e la prevenzione in materia di educazione sessuale.

Ogni anno circa 16 milioni di ragazze tra i 15 e i 19 anni e 2 milioni sotto i 15 anni di età in paesi ad alto e medio reddito, danno alla luce un bambino. A causa del mancato accesso alla contraccezione è stato stimato che nel 2008, si sono avute 7.4 milioni di gravidanze non volute tra le adolescenti e che tra queste 3,2 milioni sono risultati aborti rischiosi in un contesto dove le complicazioni relative alla gravidanza e al parto restano uno delle principali cause di morte tra le ragazze di età compresa tra i 15 e i 19 anni.        Dati allarmanti, sintomo di un carente sistema assistenziale ed organizzativo incapace di far fronte ad un problema tanto sommerso quanto urgente.

Non c’è educazione sessuale nelle scuole, nelle famiglie, le giovani generazioni non frequentano i consultori perché talvolta non sanno della loro esistenza, non usano i contraccettivi e aumentano costantemente i casi di infezioni trasmesse per via sessuale.    Situazioni analoghe sono in Italia, dove a fronte di un sistema sanitario e di istruzione scolastica capillarmente distribuiti sul territorio, l’efficacia degli stessi nel fornire almeno un livello minimo di informazione sulla sessualità e nel contribuire alla prevenzione dei rischi, risulta molto basso o nullo, come già uno studio dell’Università di Roma “La Sapienza” lamentava vari anni or sono.

Manca completamente una cultura della contraccezione.

Tutto ciò diventa ancora più spaventoso se pensiamo sia ai potenziali servizi di informazione e prevenzione in materia di salute sessuale e riproduttiva che i paesi sviluppati potrebbero attivare a basso costo, sia in termini di investimento.  Misurando il costo economico e sociale che uno Stato deve sostenere per un aborto o il mantenimento per le cure di un malato di HIV, esso potrebbe dimezzarsi con la sola massiccia diffusione di informazioni e servizi in materia di salute sessuale e riproduttiva, attraverso specifici canali di comunicazione, quali gli sms, mms, la messaggistica tramite whatsapp, fb o twitter.

Un altro recente studio ha riproposto il problema: “Adolescent/Youth Reproductive Mobile Access and Delivery Initiative for Love and Life Outcomes (ARMADILLO) Study: formative protocol for mHealth platform development and piloting”, una ricerca sulle potenzialità che l’utilizzo di sms dal contenuto informativo sulla salute sessuale e riproduttiva possono avere, in linea con lo sviluppo di una cultura della contraccezione. La ricerca ha infatti messo in luce quanto tra i giovani vi sia cattiva informazione e l’importanza che un servizio on-demand sul proprio telefonino, di facile accesso e condiviso tra i giovani, possa portare a risultati positivi in breve tempo.

Nell’attuale società occidentale i metodi contraccettivi disponibili sono molteplici, adattabili alle diverse caratteristiche della sessualità. Ci sono i metodi  naturali come  il coito interrotto, il metodo Ogino-Knaus (l’astensione dai rapporti sessuali 4 giorni prima e un giorno dopo l’ovulazione), il metodo Billings (basato sull’osservazione del muco cervicale) e il metodo della temperatura (misurare la temperatura vaginale).  I metodi contraccettivi chimici o ormonali tra cui la pillola anticoncezionale, l’impianto contraccettivo sottocutaneo, il cerotto e l’anello contraccettivo, quelli meccanici come il diaframma e la spirale. Quelli più definitivi sono i metodi chirurgici, ovvero la legatura delle tube per la donna che è irreversibile (anche se è possibile prelevare gli ovuli) e la vasectomia per l’uomo che è reversibile. Ad oggi il preservativo resta forse il miglior metodo contraccettivo esistente (considerando l’insieme dei fattori: costi, facilità di diffusione ed uso, livello di efficacia, eventuale danno o rischio farmacologico, invasività, ecc.) e l’unico che, se usato nel modo corretto, riduce esponenzialmente il rischio di contrarre malattie veneree. Tuttavia l’affrontare questi temi incontra ancora ostilità ed ostruzionismo, nonostante le nostre società siano invase da immagini, storie, prodotti, ecc. che usano il richiamo sessuale per vendere merci e nonostante le tante informazioni circolanti.   La sessualità, che è fenomeno normale e naturale, sembra ancora censurata e considerata evento anomalo, innaturale, pericoloso ed immorale.

La sessualità segna profondamente la persona durante tutto l’arco dell’esistenza. Molta parte della cultura e della società porta in sé un riferimento al nostro essere maschio o femmina e la costruzione sociale del genere ha inizio già nella fase prenatale.

La sessualità, con le sue tante sfaccettature, è una delle dimensioni che ci qualifica come persone e come esseri fatti per la relazione. Ed è proprio li dove nascono le relazioni, all’interno del nucleo delle nostre società umane ovvero la famiglia, che bisogna partire, per trovare gli strumenti  adatti alla rottura dei dogmi, pregiudizi sociali e culturali che inevitabilmente le società costruiscono per mantenere vivi, quegli strumenti di potere che le tengono in piedi.

L’interruzione volontaria di gravidanza, le malattie veneree, talvolta la sterilità, sono ancora considerate, seppur inconsciamente, punizioni per aver praticato una sessualità precoce o non conformista.     Il dialogo, lo scambio di opinioni e talvolta “priorità”  tra figli e genitori dovrebbero essere il tassello di partenza per la costruzione di una cultura della contraccezione.

Dettami, convinzioni, idee trasmesse dai genitori a figli saranno forse sempre ed inevitabilmente contrastanti, dovranno scontrasi faticosamente con il gruppo dei pari e poi con la società tutta. Ed è in queste sedi che si può intervenire, nella creazione di una società che salvaguardi la salute come diritto inalienabile e l’accrescimento del benessere della sua collettività; o meglio nei termini che l’OMS (World Health Organization) definisce l’educazione alla salute sessuale e riproduttiva “uno stato di benessere fisco, mentale e sociale correlato al sistema riproduttivo e alle sue funzioni”.

Sarebbe quindi utile più informazione mirata, più “esposizione” tramite volantini magari scritti con gli smile utilizzati nella messaggistica dei social network, messaggi radiofonici, catene messaggistiche virtuali attraverso l’uso dei sempre più potenti e diffusi social network sulla prevenzione e sui rischi. Nelle ASL, nelle scuole, nelle palestre, nelle metro,  in televisione con maggiori programmi, bisognerebbe “esporre” più informazione corretta e preventiva sulla sessualità consapevole, un antidoto a quell’assuefazione di immagini sessuali proposte dai media e che, secondo alcune ricerche, sarebbe in stretto legame con la sessualità precoce.

C’è il bisogno di ascoltare storie, narrazioni, esperienze di chi ha vissuto talvolta i drammi della “cattiva” pratica sessuale, per diffondere la consapevolezza che esistono alternative, non incutendo timore e paura dell’altro, ma nella salvaguardia dell’uno e dell’altro. La promozione della “consapevolezza sessuale ” e la corretta informazione, possono far si che lo spettro dei potenziali rischi dei rapporti non protetti abbia un nome, un’identità. Oltre alla prevenzione, ciò può far si che nel caso in cui ci si ammali o si decida di praticare un aborto, situazioni traumatiche che hanno una portata psicologica sempre rilevante, possano essere vissute con maggiore “serenità”.

Per questo motivo, d’altra parte, è necessario un sistema assistenziale e sanitario che sia più attento al supporto psicologico specifico in materia sessuale, magari con l’incremento delle attività dei consultori familiari. Spesso i più giovani non conoscono nemmeno l’esistenza di queste strutture, eppure in Italia sono presenti, in numero rilevante su tutto il territorio nazionale.

L’educazione sessuale, che oggi non viene fatta a scuola, ma viene anzi spesso osteggiata quando si tenti di realizzarla, potrebbe invece essere coordinata da queste strutture, magari con incontri, iniziative, manifestazione, a scuola e nei consultori, a cui i giovani possono partecipare. Una cultura della contraccezione deve infatti passare inevitabilmente per quelli che sono i principali agenti di socializzazione, ovvero la famiglia e la scuola.  Ciò non comporta aggravi di costi ma solo una maggiore prevenzione e tutela dei più giovani.

Permettiamo alle nuove generazioni di poter piangere per una delusione d’amore e non talvolta per le cattive eredità biologiche che lasciano o per traumi che si sarebbero potuti evitare.

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