Un team coordinato dall’Istituto di biologia e patologia molecolare del Cnr ha dimostrato che nelle piante la fertilità maschile è collegata a uno specifico messaggero del gene ARF8. L’indagine, pubblicata su Plant Cell, implica importanti ricadute in piante di interesse agrario di tipo ibrido che mostrano un maggior vigore rispetto a quelle prodotte per autofecondazione
La fertilità maschile in ambito vegetale dipende da un nuovo messaggero di un gene. Lo ha scoperto un team coordinato dall’Istituto di biologia e patologia molecolare del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Ibpm), unità di Roma, in collaborazione con l’Università di Kyoto e il Riken Institute di Yokohama, nell’ambito dei progetti bilaterali (Italia – Giappone) di grande rilevanza finanziati dal Ministero degli affari esteri e dal Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca. Lo studio, pubblicato sulla rivista Plant Cell, implica importanti potenziali ricadute in ambito agrario, poiché aiuterà la produzione di sementi ibride in specie coltivate, come riso, melanzana, pomodoro e molte altre.
“Sappiamo che la fertilità o capacità riproduttiva maschile delle piante è regolata dall’ormone auxina. La nostra indagine ha preso quindi in esame il fattore di trascrizione ARF8 (il gene Auxin Response Factor 8) che media gli effetti di questo ormone”, spiega Maura Cardarelli, primo ricercatore del Cnr-Ibpm. “L’obiettivo è stato capire come questo gene contribuisca alla fertilità maschile nelle piante in grado di autofecondarsi. Per questo motivo abbiamo lavorato su Arabidopsis, una specie spontanea presa comunemente a modello in quanto contiene sia gli organi fiorali maschili sia quelli femminili ed è quindi autogama, cioè si autofeconda. L’autofecondazione è una caratteristica negativa che va eliminata nelle piante coltivate. Infatti, la conseguenza è una maggiore consanguineità e le piante ‘prodotte’ per autofecondazione sono più deboli di quelle ibride, prodotte per incrocio tra due piante diverse. Per questo motivo in agricoltura vengono utilizzate sementi ibride e la loro produzione è favorita dalla ridotta fertilità maschile”.
Durante lo studio i ricercatori hanno isolato ARF8.4, una variante di splicing, ossia una sorta di ‘messaggero’ del gene ARF8 mai trovata prima. “Per capirne la funzione abbiamo fatto esprimere le diverse varianti note e ARF8.4, una alla volta in una linea mutante, cioè, difettiva per il gene ARF8”, conclude Cardarelli. “Abbiamo quindi effettuato un’analisi molecolare della linea mutante rispetto alla linea originale grazie alla quale è stato possibile individuare i geni coinvolti nella fertilità maschile. Poiché i meccanismi di sviluppo regolati dall’auxina sono molto conservati in Arabidopsis e in specie diverse come pomodoro e riso, è possibile utilizzare le conoscenze acquisite grazie a questa ricerca anche in queste specie di interesse commerciale per ottenere piante maschio sterili da utilizzare in fecondazioni ibride e quindi produttive”.
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