No quorum, no referendum. “Party Italia”

Referendum sulle trivellazioni: in una consulta italiana, gli stessi italiani non sono pervenuti e il quorum non è stato raggiunto. Hanno vinto gli stranieri, i petrolieri che continueranno a estrarre nei nostri mari. La cosa preoccupante è che questi non hanno vinto in seguito a un giudizio espresso dagli italiani, ma per il loro forfait. E la cosa che desta ancora più preoccupazione è che buona parte di coloro che dovrebbero rappresentarci alle istituzioni non hanno tutelato e anzi scoraggiato, un diritto costituzionale dei cittadini italiani. E un dovere.

In questa situazione si è dimostrato come l’Italia dei controsensi sia un Paese in cui, in occasione delle elezioni politiche ognuno dei candidati esorta i cittadini al voto per avere la vittoria per sé ed escludere gli altri dal governo, mentre quando è in gioco un bene comune in cui l’unico rischio di esclusione è quello per la democrazia, si può assistere a scene in cui chi dovrebbe incentivare i cittadini alla partecipazione politica, invece li scoraggia.

L’ex presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, che è ancora una figura carismatica per la politica italiana, ha dichiarato prima della votazione che l’astensione dalla stessa fosse legittima. Ha seguito a ruota il premier Matteo Renzi, ricalcando le dichiarazioni di Napolitano e dichiarando questo referendum una bufala. L’attuale presidente della Repubblica Mattarella, invece, si è presentato alle urne solo dopo le ore 20.30, mentre i suoi predecessori erano soliti presentarsi alle votazioni in mattinata, così da rispecchiare l’appellativo di “primo cittadino” e dare il buon esempio. E’ chiaro che in qualsiasi votazione non esiste coercizione dato che si è in democrazia, ma che proprio le più alte cariche dello Stato, che dovrebbero voler ascoltare l’opinione dei propri cittadini, parlino di astensione, appare in controtendenza con ciò che la politica dovrebbe essere. Ancora più assurda la reazione del membro del PD Ernesto Carbone che ha addirittura deriso tale referendum e coloro che hanno votato onorando il proprio diritto e dovere, con un tweet:

“Prima dicevano quorum. Poi il 40. Poi il 35. Adesso, per loro, l’importante è partecipare#ciaone”

Alle critiche prevenutegli ha poi risposto con un altro tweet:

“Rispetto sempre per gli italiani, che votano o non votano, ma il #ciaone ai promotori di un referendum inutile ci sta tutto”

Il buonsenso, invece, suggerirebbe che chiedere l’opinione del popolo italiano su una questione che riguarda lo sfruttamento del proprio patrimonio non sia poi così inutile. Alla chiusura dei seggi, probabilmente un po’ tardive, sono giunte altre dichiarazioni di Renzi che ha sostenuto che la vittoria (per il quorum non raggiunto) fosse degli ingegneri e gli operai, lavoratori sulle piattaforme (e allora perché non sostenere maggiormente i loro diritti prima della votazione?), e che poi ha espresso massimo rispetto per chi ha votato.

Tutto ciò che appare quasi come un boicottaggio delle votazioni però, non proviene solo dalla politica. Infatti, nei giorni precedenti la votazione ci sono state delle falle anche nell’informazione, con i media che hanno, contrariamente al solito, promosso poche campagne per informare i cittadini sulle modalità della votazione e sugli effetti della stessa. Ma soprattutto, come ha fatto notare attraverso la sua satira il comico Maurizio Crozza nella sua trasmissione, ci sono state anche informazioni fuorvianti da parte dei media stessi. Come ad esempio un errore grave per un’emittente importante come Sky (che poi ha chiesto scusa su Twitter), è stato un titolo che annunciava la votazione “in 9 regioni” mentre si spiegava la modalità per votare, bensì la votazione riguardasse l’Italia tutta, e le 9 regioni evidenziate, il referendum, l’avevano semplicemente proposto. Imprecisioni che provengono anche da Rai 3, nella trasmissione Agorà, Gerardo Greco sostiene in diretta che si sarebbe votato solo in alcune regioni e alla correzione da parte di un ospite della trasmissione, ha poi evidenziato come tale voto sia maggiormente di interesse per le regioni che il referendum lo hanno proposto, come se il mare italiano non fosse di tutti, ma un bene privato.

Tutto ciò, applicato al menefreghismo di una parte dei cittadini italiani, ha portato al fallimento del referendum. Evidenziando sempre più come sia importante documentarsi da più fonti quando c’è da prendere una qualunque decisione e per evitare che poche persone possano decidere per un Paese intero.

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