Airf focus – Fotoreporter: credibilità e futuro di una professione

Airf Focus
L’Associazione Italiana Reporters Fotografi, da sempre impegnata nella difesa dei diritti dei Fotogiornalisti, ha favorito, negli anni, un percorso di crescita professionale dei propri iscritti, attraverso l’attivazione di un confronto continuo, costruendo in tal modo un valido capitale di background di esperienze. Ha voluto e fatto proprio il “Decalogo di autodisciplina dei fotogiornalisti” presentato dall’ Ordine Nazionale dei Giornalisti.

La giornata di studio che si è svolta a bologna il 29 ottobre 2011, organizzata e finanziata dall’ Airf è stata sicuramente, per il fotogiornalismo italiano, tra gli eventi più importanti, significativi ed attesi.
L’evento, che si è svolto in due sessioni: antimeridiana e pomeridiana, è stato introdotto dal giornalista Andrea Dal Cero moderatore, a cui ha fatto seguito la relazione di Pasquale Spinelli, segretario dell’Airf ed il saluto di Mario Rebeschini, presidente dell’Airf.
Nella prima sessione sono intervenuti: Pierluigi Visci, direttore QN e Il Resto del Carlino; Vincenzo Pinto, fotoreporter; Beppe Boni vicedirettore Il Resto del Carlino; Gerardo Bombanato, presidente Ordine dei Giornalisti Emilia Romagna; Enzo Iacopino, presidente nazionale dell’ Ordine dei Giornalisti.
E’ seguito subito dopo il dibattito e a termine di una breve pausa pranzo, sono ripresi i lavori con gli interventi di : Andrea Dal Cero, che ha fatto un riassunto degli interventi della mattinata; Roberto Zalambani, consigliere nazionale Ordine dei Giornalisti e segretario generale UNAGA-FNSI; Paolo Soglia direttore Radio Città del Capo; Mario De Renzis, fotoreporter Ansa e consigliere nazionale Ordine dei Giornalisti. Poi ancora dibattito e chiusura dei lavori.
Per la prima volta, si è parlato di comunicazione visiva a partire da esperienze dirette, riesaminando con criteri oggettivi di valutazione e lucida determinazione, le specifiche problematiche legate alla professione. “…e questo è solo l’inizio” ha ribadito il presidente, Mario Rebeschini.
Un efficiente impianto metodologico, grazie al quale si è aperto un vivace confronto sui mutamenti legati alle tecnologie digitali e sulla difficile comunicazione multirelazionale presente sia all’interno del mondo dell’informazione (agenzie, editori, direttori di testate, ecc.) sia all’ esterno con la vita reale, (tematiche sociali e della cronaca in generale). Impianto curato in ogni particolare da Pasquale Spinelli segretario dell’ Airf, da 27 anni impegnato nell’associazione. Persegue da sempre il modello del fotogiornalista impegnato oltre il controllo estetico, anche nell’attività di ricerca e di approfondimento sull’informazione visiva.
L’ immagine venuta fuori dal convegno è quella di un professionista dell’ informazione, la cui mission è specializzare l’informazione visiva, attraverso la conoscenza del linguaggio dei media.
Invece, basta sfogliare un giornale, per rendersi subito conto, della scarsa qualità delle fotografie pubblicate. Frammenti di realtà, ricomposti a tavolino, possono offrire tutt’al più, un’inquietudine artefatta.
Il fotogiornalista non ha bisogno di tutto ciò, perché sa, che la fotografia è il punto intermedio fra la vita reale ed il suo modo di identificarla ed è a questo punto che entra in gioco la credibilità del suo lavoro.
Un giornalismo credibile, che si tratti di fotografie o di articoli, passa necessariamente per un recupero di valori, ha sottolineato Enzo Iacopino, presidente nazionale dell’ Ordine dei Giornalisti.
Un intervento, ricco di esempi e di grande sensibilità, per il lavoro dei fotogiornalisti, incentrato sul rigore professionale e sull’onestà intellettuale degli operatori dell’informazione. Un segnale forte a favore di un giornalismo sempre alla ricerca della verità e rispettoso della dignità e delle sofferenze dell’uomo. Gordon Parks diceva :“E’ la macchina fotografica la mia salvezza. Se, usandola, posso aiutare una famiglia, o salvare la vita di un bambino – anche se è uno su un milione – io continuerò a provarci. La fame è un fuoco freddo. Una cosa è simpatizzare con qualcuno che sta male; un’altra è fare qualcosa di concreto. Gettare una cima a un uomo che sta annegando non basta, bisogna rimanere lì e tirare quella corda con tutta la forza. La macchina fotografica, come arma contro tutte le ingiustizie umane, può essere una voce persuasiva, ma inevitabilmente l’eloquenza e la potenza di quella voce deve contare sul cuore, sull’occhio e sull’integrità del fotografo che provvede al linguaggio delle immagini.
Il fotogiornalista è sempre presente sul fatto, non gli serve immaginarlo, ne può farselo raccontare e sente il dovere di gettare la cima e deve trovare il coraggio di tirare la corda con tutta la sua forza, anche se questo, spesso, non gli viene chiesto ne dall’agenzia ne dal giornale.
La bassa qualità delle tante fotografie che vediamo pubblicate, scattate per caso dal “passante di turno” , col tempo, finiscono per abbassare, sia l’attenzione, sia la qualità della nostra percezione visiva. Una miriadi di frammenti, di istanti in caduta libera, nel disperato tentativo di raccontare fatti senza tempo.
Bisogna avere invece, la consapevolezza che la sintesi per istanti (la fotografia), è una composizione, che nasce anche dall’ atteggiamento critico e dal coinvolgimento controllato.
Forse non è compito del fotogiornalista trovare una soluzione per evitare la caduta dal tempo , la caduta dalla storia, ma “Se ci sediamo sulla riva degli istanti per contemplarne il passaggio, finiamo col non distinguervi altro che una successione senza contenuto, tempo che ha perduto la sua sostanza, tempo astratto, varietà del nostro vuoto” ( e.m.cioran).

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