Giocare senza paura

scritto da: Valentina Cotugno – addetto stampa del Corpo Italiano di San Lazzaro

Almeno una volta nella vita, tutti abbiamo inseguito un pallone giocando con gli amici. Durante quei momenti di svago non era importante il punteggio, le condizioni del campo, chi fosse il vincitore, chi il perdente e spesso non contavano neanche le regole. In quei momenti non si giocava per la gloria ma per divertirsi e per trascorrere momenti di gioia, trasformando lunghe giornate di noia in momenti di estrema felicità. Alcuni giocavano solo per spirito di aggregazione, per stare insieme agli altri, mentre per alcuni il pallone si trasformava nella sfera di cristallo di una zingara, che prospettava loro una vita splendente e ricca passata all’inseguimento di quel sogno rotondo. Ma poi qualcosa è cambiato: nel mondo del calcio, quello “vero” su cui sono puntate le luci della ribalta e dietro cui c’è un giro economico travolgente, è di vitale importanza delineare bene i ruoli, etichettare freneticamente chi è il perdente, chi il vincitore, chi i classificati, i diversi ruoli e via dicendo. In questo modo anche la gioia ha lasciato inesorabilmente il posto alla competitività. Non stiamo parlando della sana competizione che nasce tra le squadre, qualsiasi sia il gioco e il premio in palio, ma di quello stimolo irrazionale che porta all’ odio e alla violenza. Questa competitività non riguarda solo diretti interpreti dello sport, cioè gli sportivi, ma anche i tifosi, pronti a sostenere, sempre e comunque, la propria squadra. Purtroppo non tutti i tifosi si limitano a incitare la loro squadra del cuore e a godersi questo sport per quello che davvero è: un gioco. Alcuni di essi, infatti, scambiano questo gioco per una guerra e trasformano le partite in occasioni di scontro. Nella maggior parte delle occasioni vengono decantati cori razzisti e lanciati insulti di vario tipo, ma fin troppo spesso si da libero sfogo alla violenza imbracciando qualsiasi tipo di arma, con risultati catastrofici. Distruzione di monumenti, scontri con la polizia, feriti e perfino morti, il calcio viene macchiato in continuazione di questi crimini a causa delle tifoserie che confondono un momento di svago con l’odio.

A pagarne le spese è stata in questi giorni la città di Marsiglia, che invasa da diverse tifoserie, ha assistito impotente allo scempio e alle scorribande che gli hooligans inglesi hanno compiuto nella zona del Vieux Port. Inglesi, russi e francesi si sono riversati per le strade a lottare con un odio e una violenza ingiustificabili. I negozi della zona sono stati presi d’assalto, col risultato che bottiglie e parte del loro arredamento sono stati impiegati per colpire sia i tifosi nemici sia per difendersi dalle cariche della gendarmerie. Queste terribili immagini non possono non ricordare a noi italiani lo scempio avvenuto in piazza di Spagna nel febbraio 2015, quando gli hooligans olandesi, come fossero barbari, la occuparono. La zona, riconquistata grazie all’intervento delle forze dell’ordine, versava in uno stato di totale decadenza: ovunque si posasse lo sguardo era presente un tappeto di rifiuti, e la Barcaccia del Bernini, ormai ridotta a mero cestino dei rifiuti, era stata brutalmente scheggiata in diversi punti. Questi avvenimenti lasciano l’amaro in bocca considerando che il calcio, come qualsiasi altro tipo di sport o competizione, si basa sul rispetto, non solo delle regole, ma degli avversari. Si lotta fino allo stremo delle forze, fino alla fine, ma dopo il fischio finale, qualsiasi sia stato il risultato, ci si stringe la mano e si torna a casa con la consapevolezza di aver dato il massimo e nel caso in cui esso non sia bastato, non c’è altro da fare che prepararsi meglio la prossima volta, perché questa è la vera essenza dello sport.

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