Quella fotografia del manager a torso nudo che scavalca la recinzione !

In seguito all’aggressione del  manager, avvenuta al termine della riunione dello scorso lunedì 5 ottobre, l’Air France, ha fatto pervenire ai propri clienti una lettera nella quale definisce, tali atti violenti  opera di individui isolati, che non riflettono  alcuna realtà della compagnia aerea ed ha spiegato che in un mondo altamente competitivo, Air France deve adottare misure coraggiose per garantire il suo futuro come compagnia aerea leader con ambizioni globali. L’obiettivo è una trasformazione  senza precedenti dei propri prodotti e servizi. Al termine della lettera Air France rassicura che sta facendo tutto il possibile per guadagnare la fiducia dei suoi clienti e si augura di poterli accogliere al più presto su uno dei loro voli.

La fotografia del manager che  a torso nudo scavalca  la rete di recinzione è indubbiamente sconvolgente e lo resta ancora nonostante le giuste, ovvie, prese di posizione da parte sia della compagnia che del sindacato.  Per questo motivo, forse, c’è la necessità di fare una breve riflessione a freddo, semmai dopo aver fissato lo sguardo su quella fotografia, per qualche istante in più, solo il tempo necessario per percepirla lontano dalla circostanza in cui  è stata creata.

Spesso le fotografie, riguardandole, ci rivelano altri significati  che vanno oltre l’immediatezza del fatto e possono spingerci a guardare tra gli anfratti delle esperienze personali oppure,  in alcuni casi, possono diventare una finestra aperta sugli eventi della Storia.

I media per anni ci hanno abituati a convivere con messaggi estremamente differenziati, ma resi contigui dalla compressione del tempo mediatico. Dissi una volta in un seminario, riferendomi agli anni ’80  del secolo scorso:  in questa compressione viaggiano unite nella stessa direzione: immagini di tragedie umane con immagini di calze elastiche o di genocidi con pesticidi, travolti da tumuli di biscotti e valanghe di zucchero filato, come dominate dalla Legge del destino comune, nell’inutilità di un quotidiano svuotato da ogni riferimento culturale.
Un’ affermazione un pò provocatoria, per descrivere il modo con cui,  i messaggi venivano decontestualizzati dai fatti a favore di una spettacolarizzazione della cronaca e degli eventi sociali.

Oggi, di fronte a fatti di portata planetaria ci troviamo ad esserne partecipi a tal punto che, la nostra stessa esistenza deve continuamente confrontarsi con essi. Le immagini che ci mostrano la migrazione biblica di popoli in fuga da guerre e da persecuzioni, si impongono con grande forza nella vita dell’uomo globalizzato, il quale viene sommerso continuamente, dallo spettacolo allucinante di stragi infinite, che lo rendono attore dei profondi mutamenti culturali in atto, un mondo in mutazione, alla ricerca di nuovi equilibri. Queste mutazioni sono così profonde, da coinvolgere anche chi non fugge da guerre o persecuzioni, ma che deve fare i conti con le relazioni sociali sempre più aspre e competitive delle società economicamente evolute e confrontarsi quotidianamente sul sottile confine che divide il successo dal fallimento ed è così, che la fotografia del manager che scappa, per sottrarsi all’azione di un gruppo di violenti, costretto a scavalcare un recinto a torso nudo, per rifugiarsi in un luogo sicuro, assume una valenza d’impatto molto elevata  e per quanto sia imbarazzante ammetterlo è un’immagine che mostra l’uomo globalizzato davanti alla sua precaria esistenza, messa a nudo proprio da quella camicia strappata: il simbolo dell’uomo privo della sua maschera, del suo vestito.

Il re è nudo! Viene da esclamare, facendo riferimento ad una  metafora della fiaba di Hans Christian  Andersen, ( “I vestiti nuovi dell’Imperatore” ), quella camicia strappata scopre l’uomo e ci consente la visione che solo i bambini riescono a percepire, per la loro capacità innata di guardare oltre la maschera, oltre l’abito. Gli adulti spesso per vedere l’essenza devono passare per il grottesco, bisogna strapparli i vestiti affinchè possano guardare attraverso i loro brandelli, l’uomo, che ha bisogno di essere  nutrito e rispettato sia esso un operaio, un pilota, un manager, un migrante, un perseguitato.

Da questa prospettiva,  le fotografie dei perseguitati e quella del manager in fuga che scavalcano la recinzione,   sembrano viaggiare parallele, in un unica direzione, due immagini che, nella diversità culturale e socioeconomica, seguono, la Legge del destino comune, la quale pur esercitando il suo potere solo nel mondo della percezione, in questo caso, forse per la prima volta, sembra presagire un comune destino nella storia dell’umanità.

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