TALUNI RINVENIMENTI ARCHEOLOGICI NEI CAMPI FLEGREI AVVENUTI TRA IL 1743 E IL 1882

Il territorio dei Campi Flegrei comprende un’area di circa 450 kmq e in esso è presente un’altissima concentrazione di materiale archeologico sia sopra che sotto il livello del mare. Quello visibile è solo una piccolissima parte poiché il restante è ancora conservato da madre natura che nei secoli non è stata particolarmente benevola: numerosi e violenti terremoti, eruzioni e cataclismi hanno demolito la maggior parte delle costruzioni e cancellato interi villaggi.

Anche l’uomo ci ha messo molto del suo con frequenti invasioni cui seguivano predazioni, incendi e devastazioni; purtuttavia, anche in tempi recenti, l’incuria e la scarsa cultura non hanno arrecato meno danni ad un patrimonio che ha tutto il diritto di definirsi inestimabile.

In realtà è solo da qualche secolo che si è presa coscienza del “bene culturale” e del suo potenziale economico territoriale. Fino a pochi anni fa, per i privati cittadini, la scoperta di ruderi nella proprietà rappresentava una sciagura giacché impediva qualsiasi attività (edilizia, agricola, commerciale), correndo “il rischio di essere controllati in casa propria” e in alcuni casi addirittura l’esproprio della propria terra.

C’è voluto molto tempo per trovare una via di mezzo che salvasse il patrimonio archeologico e consentisse ai privati di continuare il proprio interesse attraverso accorgimenti architettonici studiati da ambo le parti.

Nel frattempo molto materiale “amovibile”, scoperto dai contadini mentre lavoravano i campi o dai pescatori nel tirare le reti è stato asportato dal luogo di origine ed è andato ad arricchire le collezioni museali nazionali ed estere se non vendute a privati.

Qui di seguito elenco alcuni “Documenti Inediti relativi ad ANTICHITÀ SCOPERTE NELLE PROVINCE MERIDIONALI – Da documenti serbati nell’Archivio di Stato in Napoli”, che raccontano taluni rinvenimenti archeologici avvenuti nei Campi Flegrei tra il 1743 e il 1882 e la loro destinazione.

Baia – tratto da Antichità della città di Pozzuolo di Scipione Mazzella

BAIA

1766 Marzo 10Mesi sono si distaccò dalla cima di esso (monte Canino) un pezzo, e si dirupò alla parte del mare, e con tale accidente si discoprirono alcune antiche stanzoline, come sì due gran basi di colonne rivoltate sotto sopra, e vicino ad esse una intiera gamba con porzione di coscia di statua, di lucido e finissimo marmo, … e sotto al suo piede connesso tiene una gran palla dell’istessa materia, che buona porzione se ne vede; tutto ciò è dimostrativo e sicuro; come ancora poco lungi dalle divisate cose, vi sono in un recinto d’antiche muraglie varie colonne di lucido e bianco marmo, le quali l’anno passato porzioni di esse furono scoperte da paesani lavoratori per piantare ivi vite d’uve… La masseria è sul monte, ad un tiro di pistola dal castello di Baia, di proprietà di Melchiorre di Meo di Bacoli, della quale è censuario Antonio Guardascione (fsc. 935).
[Fa riferimento al crollo di una parte dell’attuale parco Monumentale.]

1771 Decembre 29Verso i principj di ottobre p. p. … proprio nel porto di Baja, nel luogo detto il tempio di Mercurio, si ritrovò una statua di marmo, sebbene rotta in diverse parti, pure però si conosce il volto, con una colonna di pal. 8 lunga di pietra santa … che subito furono trasportate al tempio di Serapide in Pozzuoli (fsc. 942).

1840 Marzo 28Nella così detta Barriera di Baja si è scoverto un musaico, rappresentante de’ meandri a più colori, di buono stile (fsc. 330).

1840 Maggio 6All’elegante musaico rinvenuto a Baja, e ch’ella … mi ha ordinato … di far trasportare nel R. Museo Borb., devesi aggiungere un secondo pavimento a musaico, della più perfetta bellezza e conservazione, scoverto in questi ultimi giorni. L’uno è della dimensione di pal. 11 per 3 e mezzo; l’altro è di pal. 12 per 12. Questo secondo rappresenta i più graziosi disegni di fiori, di meandri, e di arabeschi a vari colori, e supera i più magnifici di Pompei ed Ercolano – Bonucci (ibid.).

1841 Luglio 2Nell’anno 1838 si eseguirono molti lavori nel tempio di Diana a Baja, nel fondo del sig. capitano Quintavalle. Si praticò una discesa a rampa, dalla strada nuova fino al livello del terreno ov’è situato il detto monumento, e quindi si tracciò un viottolo o passaggio, onde facilitare a’ curiosi l’accesso in quel magnifico edifizio, rimasto fin’ allora affatto impenetrabile ed isolato. Si tagliarono per questa operazione molte viti, un canneto, ed un gran numero di fichi, che ingombravano tutta la pianta interiore di quell’antico edifizio. Onde poi togliere l’urto del terreno esteriore, che metteva in compromesso la sicurezza del tempio, per un’altezza di circa 30 pal. si praticò un tagliamento a scarpa intorno all’edifizio.(fsc. 52 n. 17).
[Il viottolo è tuttora presente e parzialmente percorribile.]

1843 Luglio 5Fino dai 9 dello scorso aprile il sig. Bonucci mi fece conoscere, che in alcune stanze esistenti in Baja, di là del tempio detto di Venere, aveva scoverto un pavimento a musaico nero e bianco rappresentante alcuni tralci di vite, che dopo aver decorato co’ loro pampini tutto quel pavimento, s’intrecciano intorno ad un quadretto, ove si veggono effigiate due figure, molto malconce dalle intemperie e dagli anni. Proseguendo lo scavo, scovri altro musaico pur bianco e nero, composto di ornamenti e meandri così bene intrecciati fra loro, da formare un insieme semplice e magnifico. Propose che questo pavimento si distaccasse, per decorare una delle più vaste sale di questo R. Museo, e soggiunse ch’egli non credea esservene in Pompei uno, che gli fosse uguale in ampiezza… Soggiunge che adesso dee aggiungersene un altro, anche nero e bianco, esistente nella medesima abitazione antica, rappresentante Licurgo che con la bipenne uccide una donna, ed intorno tirsi, vasi bacchici, ed altro. E poiché avuto questo musaico, merita esser trasportato nel R. Museo, dice il sig. Bonucci aver fatti eseguire i necessarî preventivi lavori di sgombramento, e che la spesa ascender possa a duc. 450 – Avellino. Se ne ordina il trasporto a’10 ottobre (fsc. 357).

 

Baia – parco archeologico – mosaico di Antinoo

1851 Marzo 16(S. Aloe) ha riferito essersi recato a Baja, per prender conto de’ quattro antichi busti di marmo, quivi trovati a caso in una delle stanze attigue al tempio di Mercurio (fsc. 5062). 

1882 Ottobre 6Il sig. Bonucci avendo osservati alcuni oggetti antichi, rinvenuti nella masseria di Cesare Russo in tenimento di Baja, nel sito denominato Torre a Cappella, crede doversi trasportare nel Museo Reale un sarcofago di pal. 7 per 2, con bassorilievo rappresentante un Baccanale di cinque figure; due are piccole; un tronco di colonna di granito rosso egizio, di pal. 10 e di diam. pal. 2, ed alcune lastre di marmo bianco. Queste cose non fanno parte du un locale ammirabile, e in mezzo a una campagna sarebbero distrutte (fsc. 2268). 

FUSARO (Lago del)

1837 Gennaio 2 – Febbraio 4 – Da un individuo addetto al r. lago del Fusaro si scoprì non ha guari un pezzo di marmo, a certa profondità del lido, e precisamente nel sito che ivi dicesi le grotte, e si rinvennero anche due piccoli pezzi di marmo con grandi lettere incise. Il primo di tali marmi è un sarcofago privo del suo coverchio, alto presso a 2 pal. per circa 6 di lunghezza. Vi si veggono scolpite a bassorilievo due figure alate, che sostengono una piccola iscrizione circolare, e due Amorini agli angoli in atteggiamento di tristezza e colle faci rovesciate. Un frammento di ghirlanda si osserva nei lati più brevi del monumento. Lo stile della scultura è rozzo ed affatto scorretto, il rilievo assai basso, le sembianze delle figure quantunque di donne, presentano forme maschili e di un gusto barbarico; caratteri tutti che segnano la perfetta decadenza di ogni arte. L’iscrizione essendo formata di lettere poco profonde, è stata intieramente rosa dalle acque. Gli altri due piccoli frammenti appartengono a due iscrizioni, l’una che ricorda i tempi dei primi Cesari, per la bellezza dei caratteri, l’altra gli ultimi:

1

… ARCIVS

… FECIT

…. ON

2

IM….

MA.…

ET N…

Esse però sono inutili, perché non offrono alcuna parola intera (fsc. 52. n. 19).

 

MONTE DI PROCIDA

1842 Maggio 31L’arch. Bonucci riferisce, essersi scoverto per azzardo un colombario romano, in cui si rinvennero due iscrizioni, una ap partenente a Valeria Redempta, e l’altra a M. Antonio Iuliano Augu stale, e più un frammento che comincia Euty ( cfr. I. N. n . 2580. 2579). Oltre a ciò in un ammasso di cenere bruciata dei fili d’oro, appartenenti ad un pezzetto di gallone o tela decomposta. Poco lungi poi dal detto colombario, si sono scoverti dei loculi sepolcrali di marmo, con dentro uno scheletro ricoverto ancora della sua veste, della quale sonosi raccolti alcuni pezzi e dei fili d’oro , come pure cinque lucerne di creta, un lagrimatojo di vetro, e dieci monete di bronzo ossidate, ed un frammento di piccolo bassorilievo, li quali oggetti sono stati tutti trasportati nel Museo (fsc. 52. n. 17).

Miseno – tratto da Antichità della città di Pozzuolo di Scipione Mazzella 

MISENO

1758 Novembre 7Il sacerd. Vincenzo Cappa di Procida dava notizia, che il suo censuario aveva trovato in una sua vigna in terra ferma, e precisamente nel sito volgarmente detto Mercato di sabato, un marmo sotterra che non fu possibile rimovere per la sua mole, con la iscrizione: Septimus | Imp. Traiani | Caesaris. Aug. etc. ( cfr. I. N. n. 2652). Esso fu trasportato poi in Portici dall’Alcubierre, e deposto nel Museo il 20 dello stesso mese (fsc. 929).

1773 Gennaio 1Sono stato a Miseno, ed ho osservato la porzione che si era scoperta (in terreno appartenente alla duchessa di Noja) delli quattro piedestalli di marmo, in tre de’quali vi si vedono delle scrizioni, ed oltre questi, due pezzi di una gran cornice di marmo. Ho riconosciuto essere li piedestalli ancora situati ne’propri siti, al di dietro la scena di un Teatro, del quale ne restano in piedi delli grandi avanzi; ed essere questi piedestalli destinati per statue, come apparisce da varj vestigj, e dalle porzioni di scrizioni, quali non mi metto ora a trascriverle, riservandomelo a quando saranno totalmente scoperte. LA VEGA (fsc. 944 ).

1773 Maggio 1Si sono ricevute e situate in cotesto R. cortile del Museo (di Portici), n. tre base di marmo con iscrizioni venute da Miseno, et unito a queste (acquistata da La Vega in Miseno) si è ricevuto una stampiglia di piombo molto patita, che mi si rende difficile conoscere le lettere, ma dimostra essere cristiana dalla croce che si vede a principio, si come si vede quì in margine + LHO. Et inoltre n. 4 piccole monete di rame de’ secoli bassi, che l’epigrafe di una si legge Constantinus, e di un’altra Roma con la testa di Roma. PADERNI ( Ibid.).

1778 Aprile 3Capitan Cardone tiene censuata una masseria del duca di Noja, nel promontorio di Miseno , all’aspetto dell’isola di Capri. Questa masseria si trova elevata per una considerabile altezza di sopra al mare, ed all’incirca nel piano stesso, dove restano situate la torre maggiore e la torre minore di detto promontorio. Tale sito è di un difficilissimo accesso, andandovisi dalla parte di terra per una via ertissima, e del tutto alpestre, solo praticabile da pedoni; e dalla parte di mare potendovisi solo montare, non senza pericolo, per un taglio formato a ridosso di un dirupo, che sovrasta al mare. Una grotta si vede tagliata dentro del monte, fatta dagli antichi senza dubbio per salire al nominato piano, da uno scoglio che sporge per buon tratto in mare: questa grotta, che si trova imbarazzata in gran parte dalla terra, e che mi ha detto lo stesso Cardone essere prima chiusa nella sua bocca dalla parte del mare, resta tuttavia serrata con un grosso muro, nel suo estremo verso la pianura Il Cardone ha tentato di riaprire questa grotta, onde poter discendere dalla sua masseria alla marina – In questo scavo aveva trovato, secondo mi ha mostrato, alcuni pochi pezzi di condotti di piombo, ed una porzione di piede di una statua, con parte del plinto nel quale è inciso:

DIADVMENVS ˙ A …..

A ˙ RATIONIB ……

Gli ho imposto di conservare tali cose, sino a tanto che non avessi mandato persona con mio viglietto, alla quale l’avesse consegnate. LA VEGA (fsc. 946).

Pozzuoli – tratto da Antichità della città di Pozzuolo di Scipione Mazzella

POZZUOLI

1743 Decembre 23A 22 ore, da quelli che qui tiene il sig. marchese d. Giov. Brancaccio, fu ritrovato il mezzo busto di Claudia figlia di Cesare, di alabastro finissimo, di tutta la più pulita struttura, avendo i capelli con trionfo di lauro intrecciati, che la rendono assai vaga e bella, avendo anche il volto ridente, la qual’ intrecciatura di capelli parte si estende sù le spalle, e parte per l’omero sinistro si estende fino al petto, avendo nell’estremità una medaglia, anche di marmo, senza impronto alcuno – Il Brancaccio ha presentato al Re il busto, come ha fatto con tutte le altre cose che si sono colà scoverte (fsc. 928).

1769 Decembre 9Il sargente Giac. Tomaselli, destinato con la sua guardia d’invalidi per la cura del cavamento e tempio antico a Pozzuoli, avendo saputo che il sac. d. Gius. Costantino aveva venduto una pedagna di marmo bianco, alta pal. 3 e larga pal. 2 con iscrizione: Memoriae Messiae L. F. Pompeianae etc. (cf. I. N. n. 6576), essendo andato nella casa ove esiste, l’osservò davanti al portone; ed avendo domandato dove e quando si era trovata, li rispose il padrone essere stata ritrovata prima della venuta di S. M. Cattolica, che sono circa anni 40, e che sempre è stata nello stesso sito dove si vede (fsc. 941).

1770 Marzo 1Ho fatto trasportare da Pozzuoli la consaputa pedagna, ch’esisteva davanti il portone della casa del sac. Costantino, e si è discaricata sotto li archi, immediati alla r. stamperia, dirimpetto alle finestre della r. secreteria di Stato ( Ibid .).

1770 Marzo 28Con questa occasione fo presente a V. E., che nel cortile dell’appartamento nuovo del palazzo r. di Napoli, dalla parte di mezzogiorno e vicino la porta della Darsena, sono buttate a terra e sconciamente alcune iscrizioni, molto più significanti di questa che trasmetto. Tutte sono in pericolo di essere scoverte dal terreno, o adoperate per uso di fabbrica. IGNARRA — Maggio 8 – Per quanto posso ricordarmi, sono state ritrovate nelle vicinanze di Pozzuoli dal fu d. Claudio Recardinche r. CANART (fsc. 941).

1772 Gennaio 16Martedì 14 del corrente si portò a vedere il tempio il fratello del Re d’Inghilterra, e nell’istesso tempio vidde un’impresa di marmoro, circa 1 pal. di circonferenza, che solevano mettere al fronte delli canali che coprivano le tegole (antefissa), e piacendoli molto me disse più volte, se gli la volevo vendere – Febbraio 4 – Il Re dice, che a nome suo gli si regali (fsc. 942).

1777 Marzo 11Nel giorno 27 del p. p. mese di febbraio, Domenico Ponticelli lavorando la terra in un fondo degli eredi Cotugno, nel luogo detto Monterusciello, trovò un piccolo vaso di terracotta, contenente 297 monete di argento, una delle quali provinciale e tutte le altre di famiglie romane, che tranne quattro sconservate, erano di ottima conservazione; le quali furono acquistate pel Museo a’ 14 luglio dello stesso anno (fsc. 945).

1778 Maggio 16Nel bassamento che si sta facendo nella strada Pennino di mare di questa città, si è ritrovata una statua d’uomo all’ignudo di marmo, col solo corpo e coscie, senza capo nè braccia, nè gambe, nè iscrizione veruna che si potesse individuare chi sia (fsc. 946 ).

1801 Maggio 21-27Nella campagna poco lontana da questo abitato, (essendosi) rattrovata una statua antica in pietra marmorea, subito pensai di farla consegnare per la custodia ad Aniello Compagnone, alias Sportone, padrone del luogo – Il Venuti al Ministro = Ella è un bassorilievo denotante una figura militare, armata di spada asta e piccolo scudo, dell’altezza una testa meno del vero, poco corrosa, e frammentata solamente nell’estremità delle mani e del naso, onde ristaurabile, e non è sicuramente un ritratto. È scolpita in una specie di nicchia, e dalle riprese ove ancora esistono de’ frammenti di metallo, non devo ingannarmi supponendola appartenente a qualche nobile e magnifico edificio – Il marmo è di quello volgarmente detto grechetto – Comparisce nel taglio, a destra della detta nicchia, un braccio militare ed alcune pieghe; ma siccome termina subito con un perfetto piano, suppongo che detto marmo abbia veduta altra volta la luce nei tempi barbari, e che sia stato segato per farne qualche tavola o altra cosa (fsc. 951).

1812 Ottobre 27Ieri mi portai a dirigere lo sterramento, che va ad intraprendersi del tempio di Giove Serapide: e i due partitarj ch’erano sul luogo immediatamente posero mano al travaglio (fsc. 52. n. 9).

1813 Febbraio 19Proseguendosi lo sterramento nel lato meridionale del tempio di Giove Serapide, si sono rinvenuti in una delle stanze situate nel lato medesimo, alcuni frammenti di due statue – Messisi insieme si è osservato, che appartengono ad un gruppo, che rappresenta Bacco con un piccolo Faunetto. La statua di Bacco è grande al naturale, e di essa si è rinvenuta la testa staccata dal busto, il torso diviso in due parti, coperto da pello di capra, porzione delle cosce e del braccio dritto, con mano che appoggia sulla testa, ed altra porzione del sinistro braccio con mano che poggia sulle spalle del Faunetto, oltre ad un piccol vase ch’egli ha in detta mano – Del Faunetto vi esiste la testa, staccata del pari dal busto e corrosa alquanto, ed una buona porzione del torso – La scultura, giusta le espressioni del cav. Arditi, non è nè delle migliori nè delle pessime (Ibid.).

1813 Novembre 30 – Decembre 13In Pozzuoli, quindici passi circa entro il mare, in un sito lontano cinquanta passi dalla fabbrica detta l’Ospizio, tre pescatori hanno scoverto alla profondità di 10 pal. un pezzo di fabbrica, contenente un tubo di piombo del diam. di circa mezzo pal., che si è giudicato essere un antico acquedotto. Essi ne hanno estratto tre pezzi di tubo, di differenti lunghezze, del peso di circa rotoli ottanta. In ciascuno di questi tre pezzi si legge chiaramente Metiliarum Marciae etc. – . . . In uno di essi più lungo vi è il resto della leggenda, consistente in un altro nome, che pare cominci da R, ma son le lettere abrase in modo, che non possono leggersi. Checchè sia però di tal nome, si conosce chiaro, che tale acquedotto apparteneva a due donne della famiglia Metilia. Laonde rileviamo, che vera sia la lezione Metilia presso Plinio, ove altri aman leggere Metella: per cui è utile che tali pezzi sieno portati al R. Museo (fsc. 52. n . 8).

1834 Gennaio 29Mi è stato rapportato che in Pozzuoli, e propriamente nel luogo detto la Malva, ove si prepara la villa, siasi scoperto un antico arco di mattoni, ed una iscrizione araba incisa in marmo, la quale è già venuta in questo R. Museo ; e che siasi nuovamente seppellito – Arditi (fsc. 330).

1834 Agosto 26 Nell’edifizio volgarmente detto il Tempio di Serapide in Pozzuoli, e propriamente in una stanza detta delle stufe, a destra di chi guarda la cella dell’edifizio medesimo, esiste impiegata come semplice materiale una pregevole antica iscrizione sepolcrale, messa sopra una delle finestre della detta stanza. Ora che l’Accademia si occupa del lavoro sulle iscrizioni del R. Museo, sarebbe cosa importante il comprendervi anche questa, la quale è inedita, e può diffonder molto lume circa l’epoca delle riparazioni , che si intrapresero in quell’edifizio – Rosini ( fsc. 330 ).

1836 Novembre 8 – Decembre 12Pochi giorni addietro nel fondo del sig. conte di Policastro, nel luogo comunemente detto la Roccella, sito in poca distanza da s. Francesco, ed in vicinanza di altri ruderi antichi sparsi presso il luogo suddetto, nello scavarsi delle fosse per piantagione di viti, si rinvennero molti oggetti di antichità, di cui il più considerevole è una statua di marmo, la quale benchè monca sulle mani e nelle gambe, presenta tali fattezze delicate di volto e di petto, che sembra poco o niente inferiore a più belli monumenti di questo genere. La sua fisonomia pare di un Apollo – Tre colonne di marmo di varia dimensione e struttura, ritrovate nel medesimo luogo, ed altri pezzi della stessa materia sparsi d’intorno ci confermano in questa idea (che fosse un tempio di Apollo). = C. Bonucci all’Arditi – Mi sono recato a Pozzuoli, onde esaminare le ultime scoverte avvenute nel podere del conte di Policastro. Esse consistono in alcune colonne di cipollino di varia dimensione, in un capitello composito, in un altro corinzio, in alcuni pezzi di architrave, in due basi, ed infine in una statua di Antinoo, rappresentato sotto la sembianza di Adone. Questa scultura di grandezza più piccola del naturale, e mancante della mano sinistra e de’ piedi, è senza dubbio la copia d’una statua de’ tempi di Adriano. Essendo d’altronde una scultura di merito ordinario, e che non giunge in niun conto ad uguagliare i due Antinoi, sotto le forme di Bacco e di Mercurio, della collezione Farnesiana, nè quello del Campidoglio, la credo un inutile acquisto pel R. Museo ( fsc. 52. n. 19).

1841 Settembre 28Michelangelo Parisi di Pozzuoli ha offerto in vendita al R. Museo due frammenti di cornici, l’una d’ordine jonico e l’altra di corintio, un capitello di pilastro composito, ed una grande iscrizione de’ tempi di Settimio Severo, che il medesimo ha rinvenuti ne’ dintorni di quel comune. De’ suddetti marmi antichi l’iscrizione merita più di tutto di essere acquistata dal R. Museo, leggendosi in essa diversi nomi e titoli di quell’imperatore – Il 20 novembre ne seguì la consegna al Museo (fsc. 52. n. 22).

1842 Giugno 15Giacomo Daniele nel coltivare nello scorso maggio un suo fondo nel luogo detto Campana, ha rinvenuti moltissimi frammenti di vetri con una sola carafina intiera, come pure una piccola testa di marmo mancante del naso, ed una piccola iscrizione latina che comincia Hilaritati. Li ho trovati affatto inservibili, ad eccezione della detta piccola iscrizione, che ho acquistata e farò collocare nel R. Museo (fsc. 52. n. 17).

1842 Novembre 11In presenza del principe di Hassia Cassel il giorno 3 si è dissotterrato un colombario, esistente nel fondo di un tal Proculo Cajazzone, lungo la strada Campana. Nel detto colombario si son trovati in prima due scheletri di schiavi ricoperti di tegole, ed alcune lucerne di creta rozze e grossolane. Continuandosi lo scavo nel detto colombario, si è scoverta una stanza sotterranea, sulle cui mura sono disposti diversi ordini di picciole nicchie, contenenti le olle cinerarie, e nel mezzo il sepolcro principale, formato di lastre di marmo coverte al di dentro da una lamina di piombo, e su di esso altri sepolcri di tegole (Ibid.).

Cuma – tratto da Antichità della città di Pozzuolo di Scipione Mazzella

CUMA

1761 Maggio 2-9Avuta notizia Alcubierre, che da un contadino al Monte di Cuma, otto miglia distante da Pozzuoli, si era scoverto un frontispizio di marmo di un’urna o sepolcro antico, in due pezzi con alcune figure, lo ha subito fatto scavare, e trasportare al cavamento di Pozzuoli: non è molto ben conservato. E con la occasione di essersi in quei giorni trovato da quelle parti, ha bensì osservato altro pezzo di marmo, altresì da un contadino incontrato poco tempo innanzi in quelle campagne al Fusaro, che fece egualmente trasportare al cavamento di Pozzuoli, in cui esiste la guardia degli Invalidi. In quel marmo, che peserà da circa quattro cantaja e più, si osserva in rilievo un bastimento in cui si osservano tre ordini di remi, e si vede bene che stanno gli uni sopra gli altri, e non già in unica linea, osservandosi egualmente sette rematori che si vedono dal petto in su, e due altri marinaj uno a poppa e l’altro a prora, e un timone che appare allo stesso lato. La mattina del giorno 8 è arrivato in Portici, e posto nel cortile del R. Museo: è alto pal. 3 e mezzo, largo pal. 3, e grosso in media on. 8 (fsc. 930).

1813 Aprile 3Giuseppe de Stefano al Ministro = Sono sei giorni che ho cominciato il mio lavoro, e le mie ricerche non sono riuscite infruttuose. Nel primo giorno rinvenni un ziro, grandissimo e sano, sotto le falde del Monte di Cuma; ma come lo ritrovai dentro un casamento diruto, così mi allontanai da questo luogo, e mi portai a specolare vicino a quel sepolcro, dove vi sono i bassirilievi elegantemente dilucidati dal sig. canonico Iorio . Ivi vi era una fabbrica ben costruita, alta 12 pal. e larga 14 pal. quadrata, ermeticamente serrata: giudicai essere quella una fabbrica non per i viventi, ma per qualche gran personaggio seppellito; osservai ancora, che avevano cercato sfondarlo in tre parti, ma senza riuscita; pensai inoltre far cavare intorno, e trovai un grande cornicione quadrato intorno, indi un altro piccolo cornicione anche quadrato; sotto questo piccolo vi è una fabbrica ben intonacata, che rappresenta una vera urna sepolcrale, l’ho isolata intorno intorno, ed è alta 13 pal. e cammina altro poco, ed è 15 pal. quadrata . . . . Dippiù 1 pal. distante dal grande cornicione, ci ho scoverta un’ara verso il nord; ella è 5 pal. quadrata, l’ho anche isolata, e questa doveva servire per i sacrificj, avendovi trovato al disotto degli ossi mastini. Contemporaneamente che alcuni uomini fatigavano intorno il detto edificio, ho rinvenuto un sepolcro nella masseria di Domenico Parrella, fatto a lamia ossia con volta; l’ho sfondato, e ci ho trovato cinque sepolti, quattro erano bruciati ed uno intatto, ognuno di questi aveva una lucernola. Nella prima ci sta una vite colle pampine e coll’uva fatte a bassorilievo, è molto difficile poterle imitare col pennello; nella seconda vi sta un leone; nella terza vi sta un granchio; nella quarta vi sta un ippogrifo; e nella quinta vi sta un cane, tutti elegantemente espressi. Vi ho trovato ancora una grande urna di cristallo piena di ossi bruciati, e vi ho trovato ancora 24 pezzetti di garaffinelle di vetro, tutte sane. Sono passato infine nella masseria di Matteo Scotti, e ci ho trovato un sepolcro simile al sopraccennato, ho sfondato la volta, e non l’ho trovato vuoto come il primo, ma pieno di terra e di pietre (fsc. 2272).

1813 Maggio 1In detto scavo ho trovato alcuni lagrimali di vetro; due lumi eterni, in uno vi è un gallo elegantemente espresso; una piccola lapide di marmo con iscrizione latina; uno specchietto di metallo; un vasetto rozzo con 31 monete di rame alquanto consumate. Ho trovato ancora nelle coste di Cuma due sepolcri greci, ma visitati, ed ivi erano alcuni frammenti di vasi ( Ibid .).

1815 Marzo 3 – 1816 Aprile 12Negli scavi intrapresi in Cuma dal sig. can. De Jorio, e propriamente in un sepolcro, si rinvenne una baretta di marmo greco aspecchi, della lunghezza di pal. 5 e larga pal. 3 ), con scannellatura ne’ lati esteriori, di una forma molto semplice ed elegante, poggiando su due basette scorniciate (fsc. 52. n. 12).

1836 Settembre 21In un fondo censito ad Angelo Luongo, si è rinvenuta una statua, ora esistente presso l’espositore di oggetti antichi con bottega qui in Napoli sotto il palazzo Partanna. Le circostanze del trovamento indicano, essere stato in quel luogo un’abitazione comoda e ricca. Tale lo fa supporre la statua rinvenuta, qualche capitello di stucco, un tubo di creta cotta di pal. 3 e mezzo per 1 pal. di diam., facente parte di un aquidotto, ed i gentili dipinti che adornano le pareti delle fabbriche tra le quali fu scoperta (fsc. 330).

1836 Settembre 24La statua rappresenta una figura virile, alta compresa la base pal. 5, ed è di stile greco-romano. La sua testa è staccata dal collo nell’unione sul petto, e le manca gran parte del viso, ma da quello che vi è rimasto appare essere stata di cane. A detta statua mancano tutte due le antibraccia, e solo del destro se ne vede una porzione, ma staccata. È vestita di una corta tunica con maniche, cinta nei fianchi e terminata in sulla sommità delle coscie. Ha per sopraveste una clamide abbottonata sulla destra spalla, e sulla sinistra è ripiegata tutta la porzione circolare di detto panno, lasciando cadere graziosamente sul petto, sulle spalle, e lungo il corpo fino alla sommità delle gambe, varie pieghe e bene aggiustate. Per tal modo le due braccia rimangono libere degl’inceppamenti del panno, ed appare il destro abbia dovuto essere attaccato in maniera da venire in avanti. Il sinistro regge un caduceo, del quale veggonsi talune vestigia; quel caduceo doveva essere di bella forma ed originale, per quanto a me pare. Da tutto ciò si rileva , che tale statua rappresenta Anubi …. Essa è a mio credere degna di tutta l’attenzione, e quindi son sicuro ch’ella farà le maggiori premure, onde venga acquistata pel Museo R. Borb. – Angelo Solari – La statua confiscata, per non essersene fatta la denunzia a tenore di legge, è valutata duc. 200 (ibid.).

1837 Luglio 1Nello stesso fondo di Angelo Luongo, si è rinvenuto un busto di marmo di un putto, mancante di testa, braccia e piedi (ibid .).

1839 Luglio 9Presso l’antico Circo di Cuma furono estratte le tre statue di marmo trasferite al R. Museo: il dominio diretto di quel fondo appartiensi alla mensa arcivescovile di Napoli, e l’utile dominio al colono Luigi Testa (fsc. 717).

1840 Ottobre 23Florindo Correale trovasi possedere due vasi dipinti greci di fabbrica cumana, poichè rinvenuti da moltissimi anni in un sepolcro scavato in Cuma, e li offre in vendita al Museo. Essi sono di forma così detta a campana, uno dell’altezza di 1 pal. e mezzo, circa, e della stessa dimensione di diametro, esprimente nel suo principal dipinto l’ Aurora, che sta per rapire Cefalo ; l’altro dell’altezza di pal. 1 e mezzo, circa per la stessa misura di diametro, col dipinto nel suo principale aspetto di Trittolemo in atto di montare sul carro, amendue decorati di greche iscrizioni. Non essendo accettato dal proprietario il prezzo di duc. 200, se ne ordina la restituzione (ibid.).

 Biagio Sol

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